La noia, si sa, è uno dei pericoli più insidiosi per l’essere umano. Ci si ritrova a interrogarsi in modo ossessivo sul futuro immediato e incombente.
Cosa faccio ora? Quale occupazione può riempire il mio tempo libero? Come trastullarmi in quest’oretta che mi resta? Posti dinnanzi a tali angoscianti questioni, gli esseri umani rispondono in modo piuttosto simile. Una piccola parte della popolazione si dà alla cura di sé, attraverso beauty attenzioni e scrupolosi riti di massaggio. Pochi, sempre troppo pochi.
Un’altra parte, più consistente, si dedica a benefiche gare, definite maratone perché la loro durata è molto lunga, almeno quanto la noia che intenderebbero sconfiggere. Non contenti di persistere in una stessa attività per tanto tempo, cosa di cui si trova necessario dare spettacolo, gli organizzatori di tali eventi ricreativi hanno deciso di rendere la maggior parte di queste competizioni benefiche, volte, cioè, a procurare del denaro per giusta causa.
Atleti professionisti, quando va bene, o semplici appassionati, si sfidano in estenuanti competizioni, a cui un pubblico disperato assiste per tacitare il senso di colpa riguardo alla donazione dell’anno. Siamo stati biechi e cinici tutto l’anno? Per punizione ci autoinfliggeremo di guardare sei ore di bruttaton, la maratona in cui attori e veline parlano a ruota libera delle loro vicende private.
Ogni tipo di causa, più o meno nobile, trova la sua competizione. Sono uno dei modi più in voga per reperire fondi. Il che fa nascere dubbi sull’effettiva generosità dell’uomo. Perché abbiamo bisogno di ammorbarci con ore di diretta televisiva, per donare qualcuno dei nostri euro a chi ne ha bisogno? Ci prendono forse per disperazione?
Quanto agli argomenti delle maratone, ce ne sono davvero di tutti i tipi, così da soddisfare ogni preferenza o passione. Uomini e donne hanno gusti diversi. Mentre le donne ricorrono spesso all’olimpiade della chiacchiera, vero e proprio campionato di parole rovesciate sull’amica di turno, gli uomini si dedicano alla maratona di calcio, o alla frequentazione di internet.
In America, terra di grandi libertà mentali e fisiche, almeno in teoria, qualcuno deve essersi annoiato più del previsto. Tanto che ha proposto qualcosa di insolito: la maratona della masturbazione.
Non contenti di risolvere il problema dell’occupazione del tempo libero dentro le mura di casa, Carol Queen e Robert Lawrence, sessuologi e fondatori del Centre of Sex and Culture di San Francisco, hanno deciso di proporre un’opera di sensibilizzazione all’autoerotismo. Così, hanno recuperato un’antica tradizione americana degli anni ’50 che stabiliva nel mese di maggio il mese della masturbazione e hanno indetto una vera e propria gara, con specialità e categorie diverse.
La prima edizione di Masturbathon risale all’anno 2000. Da allora l’iniziativa ha conquistato seguaci, spettatori e adepti. Tanto che l’edizione americana non è più l’unica. Non sopportando l’idea di questa terribile carenza nella nostra Europa, attivisti ed esperti hanno organizzato un’edizione londinese e una olandese della maratona.
Ci sono competizioni per maschi, per femmine e miste. Le categorie riguardano la durata, il numero di orgasmi provati e, fiore all’occhiello della raffinata competizione, la lunghezza dell’eiaculazione. Il vincitore dell’edizione americana del 2010 è un giapponese, Masanobu Sato, che è riuscito a battere il record da lui stesso stabilito nel 2008 con l”incredibile durata di 9 ore e 58 minuti.
Questo signore può fregiarsi oggi del pregevole titolo del più grande masturbatore del mondo. Mentre la signora che ha vinto il titolo femminile ha giocherellato con il suo organo genitale per 7 ore e 20 minuti. Nelle altre categorie, 31 sono gli orgasmi maschili raggiunti dal vincitore e 20 quelli femminili. Anche la gara della distanza è stata vinta da un giapponese, che ha una portata di lancio di ben due metri.
Masanobu, l’uomo delle quasi dieci ore, ha dichiarato di aver vinto grazie ad un attrezzo, una specie di tubo morbido in cui ha infilato il suo organo per simulare un rapporto sessuale. Durante l’intervista ha detto di aver resistito alla stanchezza pensando al suo paese, ai suoi supporter e alla fidanzata.
Ma come avrà resistito alla noia? Pare infatti che per gli umani qualunque attività, protratta nel tempo, porti alla mancanza di entusiasmo. Normalmente, ci è dato di godere nella misura. Per esempio, se amiamo la cioccolata e ne mangiamo un pezzo, quel gesto ci rende felici. Se tutti i giorni, a pranzo e a cena, ingurgitiamo quantità varie di cioccolata, difficilmente ci entusiasmeremo all’offerta dell’ennesimo pezzo della nostra antica passione. E’ una legge umana. Ciò che possiamo avere quando vogliamo, nella quantità in cui lo vogliamo, smette di essere interessante. Può essere comodo, possiamo abituarci. Ma non procura più il brivido.
Mantenere la concentrazione è una dote di pochi. C’è chi non riesce ad assistere ad uno spettacolo che dura un’ora e mezza senza alzarsi e fare una piccola pausa. Restare con lo stesso pensiero per dieci ore di fila, sembra un’utopia. In questo caso, sembra piuttosto una questione di disciplina. Ma il piacere ha davvero a che fare con la disciplina?
Fiammetta Scharf