È inevitabile. A certo punto si diventa vecchi. E anche se avremo la fortuna di non soffrire di alcuna malattia, a quel punto della nostra vita, non saremo più noi stessi: i falchi inizieranno a trasformarsi in talpe e gli scatti felini saranno sempre più ricordo di un glorioso passato.
Ogni mattina, puntuale, inizierà la caccia al dolorino: schiena, collo, ossa… per non parlare del volume della tv che, inspiegabilmente, aumenterà di giorno in giorno.
A guardarla così, la vecchiaia sembra davvero una brutta cosa – del resto, ci hanno sempre fatto credere che “vecchio” fosse, in qualche modo, sinonimo di “triste” – eppure, a quanto pare, non è poi tutto così drammatico. La buona notizia arriva dal New York Times che cita una ricerca, pubblicata su PNAS dall’Accademia Nazionale di Scienze degli Stati Uniti d’America, secondo cui invecchiando il nostro benessere mentale tenderebbe a migliorare.
La ricerca fa riferimento ad un sondaggio telefonico condotto, nel 2008, su un campione di più di 340.000 persone dai 18 agli 85 anni. Agli intervistati è stata posta una prima e generica serie di domande riguardanti vari aspetti della loro vita privata: situazione lavorativa, economica, sentimentale, stato di salute, ecc.
La seconda parte dell’intervista riguardava, invece, lo stato di soddisfazione globale che, ai partecipanti al sondaggio, è stato chiesto di esprimere su una scala da 1 a 10. Infine, ad ogni intervistato è stato chiesto se, il giorno precedente all’intervista, avesse o meno provato ognuna di queste emozioni o stati d’animo: piacere, felicità, stress, ansia, rabbia, tristezza.
In linee generali, i risultati mostrano che potremmo paragonare la nostra vita ad una parabola ascendente: a 18 anni ci definiamo sereni e in pace con noi stessi, dopo, invece, intraprendiamo un percorso segnato da stress e insoddisfazione che ci accompagna fino ai 50 anni. A questo punto, però, la curva comincia a risalire: inizia un periodo più sereno, dove la maggior parte delle persone si definisce soddisfatta e rivela un maggiore benessere.
Analizzando le risposte relative agli stati d’animo e alle emozioni provate il giorno precedente all’intervista, i ricercatori hanno osservato che il grado di stress, ansia e rabbia diminuisce progressivamente con l’aumentare dell’età. Il livello di tristezza raggiunge il suo massimo picco a 50 anni; dai 50 ai 73 anni diminuisce costantemente, mentre, dai 73 agli 85 anni aumenta leggermente. Per quanto riguarda, invece, piacere e felicità, il loro livello diminuisce gradualmente dai 18 ai 50 anni; dai 50 ai 75 anni aumenta costantemente e poi, dai 75 agli 85, ricomincia a scendere pur non raggiungendo mai il picco negativo dei 50 anni.
Purtroppo, la ricerca non è stata strutturata in modo da spiegare quali siano i fattori che influenzerebbero le nostre emozioni; inoltre, le domande riguardanti lo stato di salute degli intervistati non erano sufficientemente specifiche da permettere di trarre conclusioni sugli effetti che eventuali malattie avrebbero sul grado di benessere degli anziani.
Si può semplicemente ipotizzare che, a rendere la vecchiaia più serena e soddisfacente, siano una serie di fattori ambientali e psicologici.
Oppure è semplicemente l’esperienza. Probabilmente si impara a vivere la vita con una maturità diversa e a guardare le cose con il giusto distacco. Del resto, quello che da bambini sembra un lago gigante, da grandi, molte volte, si rivela una pozzanghera.
Silvia Pluchinotta