Un tumore gigante di 23 chili all’utero, più precisamente un sarcoma, tumore maligno ad alto rischio di metastasi, è stato rimosso ad una donna argentina di 54 anni, madre di tre figli. L’intervento record è stato messo a punto nell’ospedale Gandulfo di Lomas de Zamora, a 40 km da Buenos Aires, all’inizio di agosto, ma solo qualche giorno fa le autorità sanitarie locali lo hanno reso noto.
Un caso unico al mondo. La donna pesava 140 chili e quando è uscita dalla sala operatoria ne aveva persi 35. Al momento già è stata dimessa ed è a casa in buone condizioni, anche se dovrà sottoporsi a rigorosi controlli per identificare eventuali sequele della malattia.
“Nella letteratura medica un tumore si definisce gigante quando pesa almeno quattro chili. Abbiamo sentito casi anche 12 chili, ma non ci risultano precedenti come questo”,
ha commentato Oscar Lopez, che ha coordinato l’intervento durato quattro ore.
“La massa che le si era formata all’interno dell’utero ha le dimensioni di un bambino di quattro anni. Mai visto nulla del genere in 34 anni di carriera”.
Secondo quanto riferito dai medici, inoltre,
“l’addome della paziente aveva iniziato a gonfiarsi da circa un anno e mezzo”
e negli ultimi periodi aveva grandi difficoltà perfino ad
“urinare o chinarsi e la sua mobilità era estremamente ridotta”.
Tuttavia, spiega Vittorio Quagliuolo, responsabile della sezione Chirurgia dei Sarcomi dell’Istituto Clinico Humanitas IRCCS di Rozzano (Milano),
“i sarcomi del retroperitoneo solitamente sono molto voluminosi e in certi casi possono raggiungere e superare (anche se non di molto) i 20 chili, come mi è già capitato di vedere”.
Anche se
“è difficile dire se siano mai stati asportati sarcomi dell’utero di questo peso, anche perché in letteratura scientifica di solito non si riporta il peso”.
L’esperto scende anche nel dettaglio e fa sapere che
“tumori così grossi vengono asportati con interventi chirurgici molto complessi, che possono comportare anche il sacrificio degli organi vicini come rene, intestino, milza, coda del pancreas”.
Nel caso della donna argentina, invece,
“sicuramente si tratta di un tumore che è cresciuto lentamente e ha permesso agli organi vicini di adattarsi alla nuova situazione”,
un po’ come accade, in misura decisamente inferiore, anche in gravidanza.