Un cane è spesso, quasi sempre, sempre, l’immagine riflessa del padrone. Ha le stesse sindromi, le stesse paure, le stesse ansie. Più di quanto si possa pensare.
Avete mai notato un cane che si rifugia in un angolino per un tuono, l’ululato di gelosia pura che emette quando baciate una persona, il panico nei suoi occhi se lasciato al guinzaglio fuori al supermercato? Sono sicura di sì.
In un progetto di ricerca dell’Università della California, lo psichiatra Steven Hamilton, ha deciso di osservare il comportamento degli animali per capire meglio come funzionano le malattie degli uomini. Gli esemplari presi a campione nello studio sono stati trattati con antidepressivi e ansiolitici (2 tipi di farmaci che utilizza anche l’uomo), con conseguenti reazioni avverse o gli eventuali miglioramenti. Il funzionamento dei due tipi di farmaci è infatti sovrapponibile in uomini e cani, così come le percentuali di successo del trattamento. Le similitudini sono risultate tante ed evidenti soprattutto per gli animali con un pedigree, che hanno genomi più omogenei rispetto ai meticci e quindi la ricerca dei frammenti di dna legati ai vari disturbi psichici è più semplice.
Così, gli psichiatri della California hanno scoperto che cane e uomo hanno in comune malattie come la narcolessia (tipica dei dobermann), disturbi ossessivo-compulsivi (riscontrati nei bull terrier, pastori tedeschi, danesi e golden retriever) o deficit di attenzione notati in alcuni labrador impiegati come guida per ciechi.
Perché si è indagato sul patrimonio genetico dei cani? La decisione dei californiani deriva dalla volontà di riavviare la ricerca e la produzione di nuovi farmaci per ridare speranze al settore delle malattie mentali. Molte, infatti, sono le aziende farmaceutiche decise a chiudere i loro laboratori per lo sviluppo di nuovi analgesici e antidepressivi (tra questi la Glaxo), altre, come l’AstraZeneca, avrebbero già disposto la chiusura di alcuni centri di ricerca per medicinali contro la schizofrenia, il disturbo bipolare, la depressione e l’ansia.
Germana Carillo