Sono sempre di più gli italiani che nelle ultime settimane hanno scaricato Immuni, l’app che permette di scoprire se si ha avuto un contatto con una persona positiva al Covid-19, al fine di garantire un tracciamento coerente della potenziale diffusione del nuovo coronavirus.
Ma che cosa accade nel momento in cui si riceve una notifica da Immuni, ovvero nel momento in cui l’app comunica che siamo entrati in contatto con un positivo?
Quel che bisogna fare, dopo aver contattato il proprio medico di famiglia, è rimanere in casa fino al 10mo giorno dal contatto con un positivo (fino a poco fa, i termini di quarantena erano di 14 giorni). Dunque, almeno in linea teorica, ci si potrebbe assentare dal proprio posto di lavoro, con stipendio assicurato dall’Inps.
Ricordiamo infatti che il contenuto del decreto “Cura Italia” risalente allo scorso mese di marzo è in tal senso piuttosto chiaro, prevedendo che il trattamento di malattia potesse essere applicato anche a quei lavoratori in quarantena (compresi dunque anche coloro che hanno ricevuto la notifica di Immuni). Pertanto, se si è lavoratore dipendente, sarà l’Inps a pagare lo stipendio nel periodo in cui si è costretti a stare a casa in isolamento, e non il datore di lavoro.
Fin qui, almeno, il panorama per i lavoratori dipendenti. E per gli autonomi?
Attualmente, i lavoratori autonomi (intendendo per tali gli imprenditori, i commercianti, gli artigiani) sono esclusi da tale possibilità, mentre per i liberi professionisti si tratterà di valutare se si ricada o meno nelle tutele previste dai singoli ordini professionali.
Per i titolari di partite IVA c’è dunque l’amara sorpresa di scoprire che si riceverà un aiuto economico solamente nelle ipotesi di “malattia conclamata”, mentre chi riceve la sola notifica di Immuni è considerato solo un contatto stretto di un positivo, e non un “malato”.
Chiarito ciò, non appena si chiama il proprio medico di base perché si è ricevuta la notifica di Immuni, il dottore predisporrà un certificato di malattia fino alla fine della quarantena. Si tratta, tuttavia, di una “proposta”: star al dipendente scegliere se accettarlo o meno. Nel primo caso non potrà lavorare in smart working, mentre nel secondo caso (a patto ovviamente che sia asintomatico), potrebbe lavorare a distanza.