I vigneti “spazzini” dell’ambiente. Sembra, infatti, che le viti siano capaci di assorbire una gran quantità di CO2 e di ridurre così l’effetto serra.
Traducendo in numeri: 100 di vigne riescono ad assimilare 1500 tonnellate di anidride carbonica.
Da qui è nata l’idea di fare di alcuni vigneti dei veri e propri laboratori a cielo aperto. Tutto accade in Toscana, a Bolgheri, dove in una tenuta l’Università di Firenze sta compiendo uno studio che per un mese all’anno prevede un monitoraggio dell’efficienza delle viti, coordinato dal professore Giovanni Mattii, del Dipartimento di Ortoflorofrutticoltura dell’Università fiorentina.
“Fare ricerca per la viticoltura di qualità permette di valutare il reale impatto dei vigneti sull’ambiente – spiega il professore -. I dati misurati alla tenuta indicano che un ettaro di vigna assorbe 15 tonnellate di Co2 l’anno, che diventano 1.500 se prendiamo in considerazione i 100 ettari complessivi e 20.000 in tutta Bolgheri. L’equivalente dell’emissione di Co2 da parte di 6.000 automobili che percorrano ciascuna 20.000 km l’anno“.
La misurazione della CO2 assimilata dalle viti e utilizzata per la fotosintesi avviene con un misuratore a infrarossi che determina l’entità degli scambi gassosi (anidride carbonica e acqua) della vite. Le piante, che con la fotosintesi fissano la CO2 sotto forma di carbonio organico, sono gli organismi più adatti a limitare l’aumento del biossido di carbonio atmosferico dal momento che, oltre alla diminuzione diretta del gas, sono in grado di innescare una risposta positiva migliora il microclima.
Germana Carillo