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Diabete: una “firma genetica” alla base della malattia

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Alcuni ricercatori dell’Università di Catanzaro Magna Graecia, diretti da Antonio Brunetti, hanno scoperto che in 1 diabetico su 10 vi è una specie “firma genetica” che aumenta di 16 volte il rischio di sviluppare il diabete mellito di tipo 2.

Da parecchio tempo Brunetti studiava la resistenza all’insulina (ossia la scarsa capacità che i tessuti possono avere di rispondere all’azione dell’ormone che controlla i livelli di zucchero nel sangue), che si presenta soprattutto nelle persone affette da diabete di tipo 2 e ancor di più nei pazienti che già soffrono di rare malattie genetiche come la sindrome di insulino resistenza e acanthosis nigricans di tipo A, il leprecaunismo e la sindrome di Rabson-Mendenhall.

Queste forme rare si sono rivelate un ottimo modello sperimentale per lo studio del diabete – spiega Brunetti. Grazie al supporto di Telethon, nel 2005 abbiamo dimostrato come la resistenza all’insulina può dipendere da alterazioni nel gene HMGA1, che contiene le informazioni per una proteina che “accende” il gene per il recettore dell’insulina, la molecola che si affaccia fuori dalla cellula, cattura l’ormone, traduce il suo messaggio e lo trasmette all’interno della cellula”.

I ricercatori si sono chiesti se quest’alterazione che si è presentata in 4 pazienti affetti da forme rare di insulino-resistenza potesse essere riscontrata anche nella forma più comune della malattia. È stata così raccolta una casistica di pazienti diabetici: 3278 pazienti italiani, 970 americani e 354 francesi, e oltre 4 mila individui sani di controllo. È risultato è che circa il 10% delle persone affette da diabete di tipo 2 ha delle varianti funzionali del gene HMGA1. Spiegano gli studiosi “Fino a oggi non era mai stato individuato un fattore genetico con un’associazione così forte con la malattia. Innanzitutto la presenza di queste varianti potrà servire come indicatore precoce del diabete di tipo 2, specialmente negli individui con familiarità diabetica”.

Conclude Brunetti: “Questo lavoro è un ottimo esempio di come lo studio delle malattie rare possa avere ricadute molto più ampie e fare luce su patologie che colpiscono invece milioni di persone nel mondo. Il prossimo passo sarà andare a fondo dei meccanismi con cui difetti nel gene HMGA1 rendono l’organismo resistente all’azione dell’insulina, in modo da poter disegnare in futuro terapie specifiche per questo tipo di pazienti diabetici”.

Lo studio è stato pubblicato sul Journal of American Medical Association ed è stato finanziato anche da Telethon.

Germana Carillo

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Giornalista pubblicista, classe 1977, laurea con lode in Scienze Politiche, un master in Responsabilità ed etica di impresa e uno in Editing e correzione di bozze. Direttore di wellme per tre anni, scrive per greenMe da dieci. È volontaria Nati per Leggere in Campania