È entrata ieri in vigore la Direttiva Ue che disciplina l’uso delle erbe officinali, che d’ora in poi “necessitano di un’autorizzazione per la messa in commercio“.
Ciò vuol dire che per poter mettere in commercio farmaci a base vegetale saranno indispensabili esperimenti chimico-fisici, biologici e microbiologici, in grado di provare l’efficacia e la sicurezza dei prodotti.
In particolare, secondo la Direttiva 2004/24/CE 1, i prodotti vegetali classificati come “medicinali vegetali tradizionali” (Herbal Medicinal Drug) devono adeguarsi entro 7 anni a uno specifico iter di registrazione per essere immessi sul mercato, che tuttavia, garantisce l’UE, sarà abbreviato e semplificato.
I “medicinali vegetali tradizionali”, principalmente prodotti della medicina cinese, ayurvedica, tibetana, sono considerati come “farmaci”, ma registrati solo come prodotti da banco per bocca, contenenti estratti di piante che hanno superato i controlli di qualità e sicurezza e per i quali non sono richiesti studi chimici di efficacia ma che, tuttavia, devono essere corredati da un utilizzo del fitoterapico in questione di almeno 30 anni, di cui 15 nella Comunità Europea.
Se l’Unione europea fa sapere che ora “i cittadini possono essere tranquilli del fatto che i medicinali vegetali tradizionali che acquistano sono sicuri“, gli esperti del settore temono che i prodotti non allineati possano rischiare grosso.
La direttiva europea ha sollevato gioco forza un acceso dibattito, in cui resta preponderate l’ombra della lobby delle industrie farmaceutiche. L’annosa questione riguarda principalmente la natura delle erbe medicinali e le implicazioni di tali restrizioni: ci si chiede se debbano essere considerate alimento o farmaco e se tutto ciò non si concretizzerà in una vera e propria restrizione della libertà di cura.
Intanto, ripassate un po’ la lezione sulle erbe che aiutano a vivere meglio!
Roberta Ragni