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Anche la felicità dipende dal DNA

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Anche la felicità sarebbe solamente una questione di DNA. Non più un concetto emotivo e legato solo all’interiorità della persona, ma qualcosa che dipende dal nostro cervello, cioè dal nostro corpo.

Se il benessere e la felicità dipendono comunque dalla psiche, è altrettanto vero che questa deriva dalla nostra macchina pensante. In che modo? Perché c’è chi riesce ad essere sereno e quasi impassibile nonostante i problemi e le tempeste della vita e chi invece, anche se non gli manca nulla, sente che “la vita è male”?

A parte la forza che le persone acquisiscono proprio nel dolore e nel percepire quanto la vita stessa sia volatile, a parte la capacità di imparare a goderne che a volte si apprende solo nello star male appunto, aldilà della voglia di amarsi e di apprezzare gioie e frustrazioni col nostro “nucleo interno” che nessuno ci può toccare e che proprio per questo essere solo nostro e inviolabile ci rende felici, esiste una vera e propria attitudine alla felicità che ha cause genetiche.

La ricerca

Ebbene sì. Una ricerca inglese condotta alla London School of Economic, i cui risultati sono stati pubblicati sulla rivista Journal of Human Genetics, ha confermato ancora di più lo stretto legame tra anima e corpo. Rapporto indissolubile che troppo spesso viene dimenticato a favore o della sola psicologia o della sola neurologia. Le due sfere comunicano!

Il gene incriminato da cui sfocerebbe la nostra felicità sarebbe il 5-HTT in doppia coppia, cioè ereditato sia dalla madre che dal padre nella catena del DNA su cui si basa tutto il nostro corredo umano.

La ricerca si è basata su 2500 persone a cui è stato chiesto quanto erano soddisfatti e felici in generale e che sono state sottoposte al test del DNA per, ovviamente, comparare i gradi di soddisfazione con qualcosa di organico.

Risultati

Chi possedeva il gene suddetto, che, tra l’altro, è coinvolto nella trasmissione della serotonina – la triptamina che regola l’umore – nel 69% dei casi era felice! Mentre addirittura la metà di chi non lo aveva si dichiarava scontento.

Questo gene, il primo ad essere ufficialmente e formalmente correlato al grado di felicità di una persona, produce una molecola che è appunto legata al funzionamento della serotonina, il neurotrasmettitore del buon umore.

Come spiega il professor Jan-Emmanuel De Neve, coautore dello studio:

“è questo gene in poche parole a gestire come le cellule nervose distribuiscono tra di loro la sostanza magica del sorriso”.

Che la felicità sia solo una questione di fortuna biologica allora? Ovviamente, e ne sono certa, no.

Come sostengono gli stessi ricercatori,

“non è un gene a determinare il nostro benessere, ma questa ricerca è una dimostrazione del fatto che c’è una linea di base determinata, che spiega ad esempio perché alcune persone sono naturalmente più felici e altre no”.

Come per tutte le sfaccettature del nostro carattere e della nostra personalità, noi siamo quello che siamo per il nostro patrimonio genetico. Però, non scordiamolo, si sviluppa e prende nuove pieghe a seconda degli input che riceviamo dall’ambiente e non solo esterno, ma anche interno.

Soprattutto nei primi anni di vita quando il cervello non è ancora del tutto formato, sono proprio questi input che determinano in che modo il cervello stesso si svilupperà. È proprio su questa base che si formerà quel nucleo della personalità che ci renderà capaci, o meno, di affrontare a testa alta o bassa ciò che la vita ci offrirà.

Insomma, è vero che tutto è scritto dentro di noi, ma siamo noi stessi che lo interpretiamo, quindi non buttiamoci giù. Anche senza il gene della felicità, possiamo, forse solo con un po’ più di difficoltà, essere felici lo stesso!

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