Ancora una volta dito puntato contro le sostanze cannabinoidi. La marijuana, per intenderci.
In questo caso, la scoperta riguarda la fertilità del maschio, che potrebbe essere messa a dura prova proprio dalle sostanze costituenti la marijuana.
A sostenerlo è lo studio condotto in collaborazione tra ricercatori del Consiglio nazionale delle ricerche – Istituto di chimica biomolecolare (Icb-Cnr), Istituto di cibernetica (Ic-Cnr) e Istituto di biochimica delle proteine (Ibp-Cnr) – e dell’Università di Roma Tor Vergata e pubblicato dalla rivista Pnas, Proceedings of the National Academy of Sciences.
La ricerca ha dimostrato come nel topo il sistema endocannabinoide – quello sul quale agisce anche la marijuana – sia coinvolto nel processo della spermatogenesi. Con una tale studio, si sono aperti nuovi scenari riguardo la comprensione dei fenomeni di oligospermia o azospermia (drastica diminuzione o totale assenza del numero di spermatozoi), soprattutto nei pazienti che hanno un normale assetto cromosomico e nessun difetto genetico conosciuto o patologie occlusive.
Resta fermo il fatto che le potenziali cause della ridotta fertilità maschile sono da ricondurre per il 60% a una origine genetica e per il restante 40% a malformazioni occlusive o che sfuggono alla classificazione.
Germana Carillo