A tutti sarà capitato di guardare un paesaggio e non solo di rimanerne estasiati dalla bellezza ma anche di trarne una sensazione di tranquillità e benessere.
Questo succede perché delle aree cerebrali posizionate lontane all’interno della nostra macchina pensante, si armonizzano e lavorano in sintonia. Come a dire che nonostante la lontananza sono sulla stessa lunghezza d’onda!
A scoprirlo gli studiosi dell’Università di Sheffield, capitanati da Michael Hunter dello SCANLab, che hanno pubblicato la loro ricerca sulla rivista NeuroImage. Il team si è avvalso della risonanza magnetica funzionale per capire come funzionava il cervello di 12 volontari posti davanti alla contemplazioni di scenari opposti: onde che infrangevano la sabbia di una spiaggia esotica e il traffico dell’autostrada nell’ora di punta.
Appurato che l’influenza acustica non aveva alcun potere discriminante essendo il suono il medesimo in entrambi i paesaggi, l’equipe inglese ha capito che uno scenario piacevole stimola e connette la corteccia uditiva, quella prefrontale – che gestisce gli affetti e la socialità, quella tempoparetale e il talamo.
Che le aree coinvolte e comunicanti siano quelle emotive e sociali dovrebbe far riflettere: sarà per quello che le persone nelle città sono così introverse e poco disposte al dialogo nonostante si vedano tutti i giorni stipati nella metropolitana?!
“Le persone sperimentano la condizione di tranquillità come uno stato di calma e tendenza alla riflessione, che ha un effetto di ristoro se comparato agli effetti stressanti della condizione di continua attenzione stimolata dalla vita di tutti i giorni. È ben conosciuta l’induzione di sentimenti di tranquillità da parte dell’ambiente naturale, mentre l’ambiente urbano derivante dall’azione umana viene normalmente percepito come non tranquillo” spiega il dottor Hunter.
Questo studio non ha quindi solo una valenza neuroscientifica, ma anche utilità urbanistico-architettonica: l’ambiente non dovrà essere trascurato nelle nuove costruzioni e, sicuramente, sapere come la natura manipolata dall’uomo influisca sul funzionamento del cervello dovrebbe far rivedere e mettere in discussione molti punti di vista su ciò che viene considerato progresso.
Valentina Nizardo