Un nuovo spiraglio si apre per i malati delle forme più gravi di artrite reumatoide. Terapie più efficaci saranno probabilmente possibili grazie alla scoperta di un gruppo di ricercatori della Facoltà di Medicina della Cattolica di Roma.
Gli studiosi, coordinati da Gianfranco Ferraccioli, ordinario di Reumatologia e responsabile dell’Unità operativa di Reumatologia dell’Università, hanno scovato il colpevole della forma più pesante di artrite reumatoide, quella, cioè, che colpisce il 25-30% dei pazienti che “non vanno in remissione completa, quindi devono fare terapie sempre più aggressive“, nelle parole di Ferraccioli.
L’artrite reumatoide è una malattia infiammatoria cronica che colpisce soprattutto le articolazioni, ma può coinvolgere anche cute, occhi, polmoni, cuore e reni. L’infiammazione porta alla graduale erosione delle cartilagini e può arrivare fino all’osso. In Italia sono tra i 180.000 e i 240.000 i paziente che ne soffrono.
Ebbene, ora la ricerca italiana ha individuato un tipo particolare di linfociti B che producono gli autoanticorpi tipici della malattia. Questi linfociti sono più aggressivi, sopravvivono molto più delle altre cellule e si riconoscono grazie a una proteina particolare che hanno sulla propria membrana, la Zap-70.
Spiega Ferraccioli: “Il nostro sospetto sul conto di queste cellule ha preso le mosse dal fatto che i pazienti con leucemia linfatica cronica in alcuni casi sviluppano malattie autoimmuni; quindi abbiamo pensato che potesse esserci qualche collegamento tra la leucemia e l’autoimmunità“. I medici, infatti, già conoscono queste cellule perché sono presenti anche in alcune forme di leucemia.
I ricercatori hanno così studiato i linfociti B autoimmuni di vari pazienti con artrite reumatoide e hanno verificato che effettivamente, nei casi più gravi, c’era la cellula B malata caratterizzata dalla Zap-70 che si rintraccia anche in alcune leucemie.
E così, a sospetto confermato, Ferraccioli non esclude lo studio di farmaci che possano attaccare queste cellule tramite la proteina Zap-70 che presentano al loro interno, già tra l’altro in uso per alcune leucemie. Non solo, ma “queste cellule non sono responsabili solo dell’aggressività dell’artrite reumatoide, ma anche in caso di altre malattie autoimmuni gravi come il lupus e la sclerodermia“.
Spazio alla ricerca, dunque, e speriamo serva a donare una vita più serena.
Germana Carillo