In fatto di diete le scelte sembrano variare in base alle tendenze del momento: largo spazio hanno ora i regimi alimentari iperproteici, come la dieta Dukan o la tisanoreica, portate alla ribalta dalle due spose più ammirate e chiacchierate degli ultimi mesi: Kate in Inghilterra e Charlene a Monaco.
C’è anche chi si orienta verso proposte originali, come le varie “diete a base di…” in cui l’ingrediente principale, se non unico, viene scelto in base ad alcune sue presunte o reali proprietà snellenti. Noi di wellMe.it continuiamo ad incoraggiare chi avesse scelto di perdere qualche chilo di troppo a seguire un’alimentazione bilanciata, ricorrendo alla consulenza di un nutrizionista ed evitando il miraggio illusorio e spesso dannoso del “fai da te”.
Rimanendo dunque nell’ambito di scelte equilibrate, ci chiediamo: monopiatto o portate diverse? Qual è la soluzione migliore per chi vuole dimagrire? È preferibile scegliere un’unica portata oppure orientarsi verso un menù variegato?
La proposta migliore è la prima, secondo quanto emerge da uno studio svolto alla Pennsylvania State University e pubblicato sulla rivista Appetite. I ricercatori hanno osservato i comportamenti di 48 persone notando come, quando venivano offerte quattro portate diverse l’apporto calorico aumentava del 60% rispetto a quando veniva presentato per quattro volte lo stesso piatto.
Più che una questione di sazietà, dunque, entra in gioco quello che è il motore stesso dello sviluppo dell’uomo: la curiosità. È infatti il desiderio di assaggiare i piatti diversi che vengono offerti che induce a consumare di più e dunque ad ingerire più calorie di quante ne verrebbero introdotte se si avesse a disposizione sempre lo stesso alimento. Gli esperti parlano di “sazietà sensoriale specifica”: un meccanismo che possiamo comprendere tutti osservando le persone al ristorante: quante volte vengono mandate indietro portate ancora quasi intere, subito sostituite da quelle successive? Chi lascia un po’ del secondo piatto e poi mangia il dolce non lo fa perché si sente completamente sazio, ma perché è curioso di provare un altro alimento, di gustare un diverso sapore.
Se si vuole fare attenzione alla linea, dunque, è meglio privilegiare il piatto unico. Come regolarsi nella scelta, in modo da assicurare all’organismo un apporto nutrizionale bilanciato? Secondo Paolo Simonetti, professore di Nutrizione delle collettività al Distam, Università degli studi di Milano “Al bar o in mensa, il piatto unico consente un pasto rapido, meglio bilanciato e meno costoso. Bisogna però ridurre gli alimenti molto calorici e ricchi di grassi saturi e colesterolo, come carne e uova, prediligendo piatti con cereali (meglio se integrali, con una buona capacità saziante), più verdure, legumi e, a volte, pesce“.
Puntare sul fattore curiosità alimentato dalla presenza di piatti diversi può invece risultare un utile espediente per aiutare chi soffre di inappetenza, come ad esempio gli anziani.
Lo ha dimostrato una ricerca condotta nel Regno Unito e pubblicata sul Journal of Human Nutrition and Dietetics. Ad un gruppo di persone anziane sono stati offerti una volta quattro tipi diversi di sandwiches e la volta successiva lo stesso tramezzino per quattro portate consecutive. Il risultato è stato che, di fronte ad una qualità variegata di alimenti, il consumo è aumentato del 25% rispetto a quello registrato davanti allo stesso prodotto riproposto di seguito.
In base alle esigenze nutrizionali varia quindi il numero delle portate in tavola: concentratevi allora su un piatto unico voi che avete deciso di eliminare qualche chilo, ricordando sempre di abbinare alle scelte alimentari una moderata attività fisica, che possa aiutarvi a raggiungere più rapidamente ed in modo armonico la linea perfetta che desiderate.
Francesca Di Giorgio