Ancora novità dalla comunità scientifica per arginare la seconda malattia neurodegenerativa in ordine di prevalenza, dopo la malattia di Alzheimer: il Parkinson.
Dopo le cellule staminali, i farmaci a base di ibuprofene e la stimolazione celebrale, gli scienziati scoprono che sarebbe possibile generare in laboratorio i neuroni che il Parkinson distrugge, i neuroni dopaminergici, e la dopamina, il neurotrasmettitore da loro prodotto, rimediando ai conseguenti danni cerebrali.
Questa malattia è, infatti, un disturbo del sistema nervoso centrale caratterizzato principalmente da degenerazione di alcune cellule nervose situate in una zona profonda del cervello denominata sostanza nera. Lo studio è italiano, dell’Istituto Scientifico Universitario San Raffaele di Milano, ed è stato pubblicato sulla rivista Nature.
Il procedimento si propone come un’alternativa all’uso delle staminali e dei tessuti fetali, di difficile compatibilità e con rischio di tumore, sfruttando la conversione delle cellule tipiche e più numerose del tessuto connettivo, i fibroblasti, in neuroni dopaminergici indotti.
I neuroni iDA ha spiega Vania Broccoli, coordinatore dello studio, “possono essere generati dal paziente stesso, in maniera riproducibile, in un tempo relativamente breve e senza nessun rischio di tumori. Comunque solo i prossimi studi in via di progettazione direttamente in modelli animali della malattia di Parkinson accerteranno se i neuroni iDA possano diventare una fonte adatta per questo tipo di utilizzo in clinica“.
E mentre si attendono gli sviluppi di questa tecnica, i circa 200mila malati di Parkinson continuano a lottare quotidianamente contro tremore di mani, braccia e gambe, lentezza, diminuzione della mobilità e rigidità, che rendono la vita dei malati decisamente difficile.
Roberta Ragni
