Il mese di settembre è tradizionalmente associato alla ripresa delle attività lavorative ed alla riapertura delle scuole.
Le corse mattutine tra sveglia-colazione-rimproveri ai figli che tardano a prepararsi ed hanno ancora lo zaino da sistemare– insomma, tutto ciò che era stato dimenticato durante i mesi estivi torna prepotentemente alla ribalta a settembre.
E si ripresenta anche l’impresa quotidiana dei compiti a casa, tra svogliatezza, crisi isteriche dei genitori che si ritrovano a tarda notte a svolgere ricerche o risolvere problemi di algebra con i figli. Già, la matematica: abbiamo visto che un rendimento più scarso delle donne rispetto agli uomini in questa materia è fortemente influenzato dai condizionamenti di genere propri delle madri; vi sono però casi in cui, indipendentemente dalle influenze genitoriali, i ragazzi manifestino seri problemi con il mondo dei numeri. Occorre fare attenzione, perché potrebbe trattarsi non della conseguenza di semplice disattenzione durante le spiegazioni in classe, ma di un disturbo noto come discalculia.
Si tratta dell’equivalente, nel campo matematico, della dislessia, che è la difficoltà a leggere le parole in modo corretto, ma, al contrario di questa, è quasi interamente sconosciuta. Le ha dedicato un’attenzione particolare la rivista Science, con uno studio apposito sull’argomento. Secondo gli autori della ricerca la discalculia congenita è oggi un disturbo che colpisce una percentuale compresa tra il 5 ed il 7% delle persone, a partire dall’età scolare.
La discalculia è una difficoltà specifica nell’apprendimento del calcolo che si manifesta nella scrittura dei numeri, nel riconoscimento e nella denominazione dei simboli numerici, nella numerazione in ordine crescente e decrescente, nell’associazione del simbolo numerico alla quantità corrispondente, nella risoluzione di problemi.
Per chi è affetto da questo disturbo non c’è differenza tra 19 e 91 oppure tra 418 e 841, in quanto essi, pur riuscendo a denominare le singole cifre, non sanno ad attribuire significato alla loro collocazione all’interno dell’intero numero. Il professor Giacomo Stella professore di Psicologia Clinica all’Università di Modena-Reggio Emilia e Presidente dell’Associazione italiana dislessia cita un esempio eloquente “Ricordo il caso di una signora che lavorava in una boutique – dice Giacomo Stella professore di Psicologia Clinica all’Università di Modena-Reggio Emilia e Presidente dell’Associazione italiana dislessia. Ebbene, invece di scrivere sul cartellino di un capo di abbigliamento il prezzo reale di 754 euro, aveva scritto 570. È un esempio di discalculia procedurale che riguarda la capacità di leggere e scrivere i numeri e che può avere conseguenze pratiche importanti. È diversa dalla discalculia semantica che ha a che fare, per esempio, con l’apprezzamento della quantità numerica, con la capacità di contare avanti e indietro e di orientarsi nel tempo. Queste persone non distinguono i mesi, i giorni e le settimane” Il Professor Stella sottolinea inoltre che “Dislessia e discalculia hanno un impatto differente nei diversi Paesi; la dislessia è legata alle caratteristiche dell’ortografia della lingua e, in particolare, al grado di corrispondenza delle lettere con i suoni: in Gran Bretagna, proprio perché la lingua scritta è diversa da quella parlata, ci sono molti più dislessici che in Italia, dove invece c’è maggiore corrispondenza fra scritto e parlato. La discalculia, invece, è equamente diffusa perché il sistema dei numeri e dei calcoli è un internazionale. Per stimolare le capacità aritmetiche ci sono semplici strumenti che la scuola ha demonizzato: la linea dei numeri, una semplice sequenza da uno a venti, per le addizioni e le sottrazioni, che il bambino può sempre tenere davanti a sé, e la tavola pitagorica, per le moltiplicazioni. Si tratta di banali rappresentazioni che rendono concrete le operazioni di calcolo. Del resto i cinesi “vincono” in matematica perché familiarizzano, da piccolissimi, con l’abaco che fornisce una rappresentazione concreta dei numeri. Nella scuola italiana, invece, si è optato per la rappresentazione mentale astratta del numero e, se la maggior parte della popolazione non ha problemi, alcuni individui, invece, ne sono penalizzati“.
Le difficoltà logico-matematiche sono attribuibili spesso ad una carenza di esperienze concrete. Fin dalla più tenera età il bambino ha bisogno di esplorare il mondo, toccare gli oggetti, dividerli in base a criteri specifici. Per questo motivo durante gli anni della scuola materna e nel primo ciclo della scuola elementare l’uso di materiale concreto – oggetti, blocchi logici, regoli colorati – è indispensabile per guidare il bambino verso la conquista dei concetti fondamentali di numerazione e calcolo.
Roberta Ragni