Ottenere cellule staminali embrionali stabilizzate attraverso la clonazione: lo hanno fatto i ricercatori del New York Stem Cell Foundation Laboratory utilizzando una tecnica di clonazione simile a quella usata per clonare la pecora Dolly, chiamata “trasferimento nucleare di cellule somatiche” (SCNT), per riuscire a produrre cellule staminali pluripotenti embrionali partendo da un ovocita.
Gli scienziati sono riusciti a far raggiungere all’agglomerato cellulare la fase di blastocisti, ovvero lo stadio iniziale dell’embrione nel processo di embriogenesi.
La ricerca, pubblicata su Nature, è ovviamente destinata a far discutere e a ridestare gli animi dei detrattori della clonazione e dell’intera comunità scientifica.
Con l’esperimento statunitense sono state ottenute 13 staminali, che però, per ora, non possono venire usate a causa di un’anomalia cromosomica che non assicura una perfetta compatibilità con l’organismo del donatore. Il rischio, come nel caso dei trapianti di organi, è quello del rigetto. Per molti esperti si tratterebbe di una sperimentazione “priva di rilevanza clinica”, poiché le staminali prodotte sarebbero anomale, in quanto dotate di un corredo cromosomico formato da triplette anziché da coppie, ma questo studio comunque rappresenta un passo avanti nel tentativo di riuscire a produrre cellule staminali embrionali.
Le cellule prodotte nei laboratori americani potenzialmente potrebbero essere trapiantate in futuro per sostituire le cellule danneggiate nelle persone affette da diabete o altre malattie senza essere rigettate dal sistema immunitario.
La soluzione sarebbe quella di estrarre il DNA dal nucleo dell’ovocita in modo da eliminare qualunque incompatibilità con il ricevente, ma questa operazione potrebbe compromettere il processo di duplicazione cellulare e quindi precludere l’obbiettivo di ottenere cellule staminali pluripotenti. L’importanza della ricerca, insomma, sta soprattutto nel fatto che ha accertato che cosa non funzionava negli esperimenti precedenti, e consolida la strada verso progressi tangibili.
Roberta Ragni