Fronteggiare velocemente un’epidemia grazie ai social network.
Potrebbe essere questo il nuovo strumento per risparmiare tempo in casi di estrema urgenza secondo gli analisti della Harvard Medical School e del Children’s Hospital di Boston.
Gli studiosi hanno preso in esame il caso del colera scoppiato ad Haiti dopo il terremoto del gennaio 2010 e hanno confrontato i dati dei “media informali” con quelli delle fonti tradizionali come cliniche e ospedali tramite un software chiamato HealthMap, online dal 2006, in grado di controllare automaticamente post o pubblicazioni che contenevano la parola “colera”, consentendo così l’accesso a blog, giornali online, forum e tweet in ben 8 lingue differenti.
La corrispondenza con le rilevazioni ufficiali è risultata subito sorprendente: per i primi giorni di contagio il tasso di riproduzione era secondo i dati ufficiali tra l’1,27 e il 3,72, mentre per quelli dei media informali oscillava da 1,54 a 6,89; dopo l’arrivo dell’Uragano Tomas, che ha colpito Haiti nel novembre 2010, i dati registrati dalle statistiche ufficiali variavano tra 1,06 e 1,73, mentre erano tra 1,04 e 1,51 secondo le rilevazioni da Twitter e social network.
È chiaro, allora, come questo tipo di rilevazioni possano affiancarsi a quelle ufficiali nei casi in cui determinate epidemie minaccino la salute pubblica e c’è bisogno di tempestività nelle azioni. “Le stesse tecnologie che abbiamo usato ad Haiti potrebbero essere utili anche nel resto del mondo, come metodo efficiente e soprattutto veloce di monitorare le epidemie o, addirittura, di scovarne le prime manifestazioni, così che si possa intervenire tempestivamente con vaccini e antibiotici“, ha spiegato Rumi Chunara, ricercatrice del programma informatico del Children’s Hospital di Boston e della Harvard Medical School, e prima autrice dello studio. “Chiaramente – prosegue – questi dati non dovrebbero sostituire quelli ufficiali. Semmai potrebbero essere usati in maniera complementare, visto che riescono a dare un quadro in tempo reale delle dinamiche di diffusione della malattia, e ci permettono di fare stime per come evolveranno“.
Germana Carillo