Alcuni ricercatori dell’Università di Cambridge si sono rivelati in grado di mettere a punto in laboratorio cellule identiche a quelle che costituiscono i nostri vasi sanguigni.
Secondo gli esperti, tali cellule potranno essere impiegate per riparare danni alle vene ed alle arterie provocati da incidenti o malattie e per ridare nuova vita ai vasi sanguigni che presentano occlusioni o che risultano essere eccessivamente deboli e dunque a rischio di rottura.
Le ricostruzioni di laboratorio riguardano al momento singole cellule. Gli scienziati attualmente non sarebbero dunque in grado, attraverso la presente tecnica, di ricreare per intero dei nuovi vasi sanguigni, ma è auspicabile che ciò possa avvenire in futuro grazie ad un approfondimento degli studi e delle sperimentazioni in materia.
Uno degli aspetti che rende la scoperta innovativa e degna di nota risiede nel fatto che per la creazione delle cellule non sia stato impiegato plasma animale. Ciò dovrebbe ridurre drasticamente il rischio di rigetto delle cellule impiantate da parte dell’organismo umano. La nuova tecnica prevede infatti che esse siano create direttamente a partire dalla pelle degli stessi pazienti.
La scoperta permetterebbe dunque la messa a punto di cellule maggiormente compatibili con il nostro sistema vascolare e, di conseguenza, una riduzione dei rischi per la salute a seguito di un ipotetico intervento di riparazione dei vasi sanguigni.
Sanjay Sinha, uno dei medici che per quattro anni si sono occupati di seguire la sperimentazione, ha reso noto alla stampa il proprio ottimismo per il futuro, prospettando la possibilità di ricreare in provetta intere arterie oppure di iniettare cellule staminali direttamente nel cuore, per poter riparare gli eventuali danni dall’interno.
A beneficiare della nuova tecnica potranno essere soprattutto i pazienti bisognosi di bypass, coloro che si ritrovano ad essere sottoposti a dialisi e coloro che rischierebbero di perdere un arto a seguito di un grave incidente, se i vasi sanguigni non venissero prontamente riparati.
Marta Albè