Se il vostro sogno è stato sempre quello di solcare il tappeto rosso attraversando la chiesa, avvolte nella nuvola di tulle del vestito bianco, potete smettere di fantasticare: lo dicono anche gli scienziati, che la convivenza rende felici quanto il matrimonio, se non di più.
Ebbene sì, si può essere felici anche senza quel tondino di oro che ci si incastra reciprocamente all’anulare.
E se non siete per nulla d’accordo, prendetevela con i ricercatori americani della Cornell University, padri della seguente teoria: chi si sposa sta meglio in salute, ma chi convive è più felice ed è psicologicamente più in forma. Una teoria, questa, elaborata non dopo qualche telefonata tra amici, ma dopo aver passato al setaccio le vite di 2700 persone circa.
Facendo domande e domandine sull’idea di benessere, di felicità e di legami sociali, e sondando il livello di depressione in ciascuno degli intervistati, è emerso che il matrimonio non è, contrariamente alla sua nomea, l’unica forma di unione sociale in grado di regalare benessere e felicità.
Di pari livello, infatti, sono le convivenze (spesso anticamera delle nozze), che rendono felici per 3 motivi:
- perché consentono di mantenere intatto il senso di autonomia,
- perché fanno continuare il proprio percorso di crescita personale
- perché conservano la flessibilità (parola che, in amore, a dire il vero fa un po’ paura…).
Ma non è finita qui! Sempre secondo i risultati di questo studio, il culmine della felicità arriva subito dopo il matrimonio o l’inizio della convivenza (il classico periodo da “luna di miele”)
L’abbiamo sperimentata un po’ tutti, quella fase in cui non si vede un solo difetto, si idealizza il partner, si cammina sulle nuvole. Ma dura poco, si sa: perché subito dopo emergono i difetti.
A questo punto, secondo i terapisti di coppia, viene il dunque: automaticamente ci viene l’istinto di cambiare il carattere dell’altro riportandolo allo stato in cui l’avevamo idealizzato. Errore fatale! Non si può cambiare proprio nessuno, e la delusione è inevitabile.
Fase numero tre: tra l’antitesi e la tesi, viene fuori una sintesi. A questo punto, o si sceglie di separarsi, o di adattarsi. Volete sapere qual è il segnale di una crisi di coppia? Non quando si litiga sempre, ma quando non si parla più.
Se in casa cala il silenzio, c’è da preoccuparsi, perché la comunicazione, e quindi la condivisione, è la base del rapporto di coppia. Se non si ha voglia di parlare con l’altro, o di condividere nulla con lui, bisogna farsi qualche domanda (anche a San Valentino).
Ancora più delicato sarà, questo momento, se contemporaneamente nascerà un bambino: dovrete adattare la relazione da due a tre persone.
Vi sembra un quadro scoraggiante? Non abbiate paura, perché –sempre secondo i ricercatori– essere in due rende comunque più felici che essere da soli.
I single fanno fatica ad adattarsi agli altri, perché nel tempo della solitudine hanno creato un ideale di partner che difficilmente troveranno in carne ed ossa.