Sono pillole naturali? Sono estratti di piante e fiori del nostro giardino? Sono i medicinali omeopatici? Niente di tutto ciò: i farmaci biologici sono farmaci a tutti gli effetti, di quelli partoriti dagli scienziati in laboratorio, dopo lungo faticare.
È un campo, questo, in cui la disinformazione regna sovrana: e se prima pensavate ai farmaci biologici come a delle sostanze miracolose che crescono negli orti senza concimi artificiali, adesso sappiate che, invece, sono metodi terapici che si ricavano intervenendo sul DNA di una proteina, che viene dunque ricombinata in laboratorio.
In poche parole, si prende, per esempio, un anticorpo (viva gli anticorpi!) e lo si “riprogramma” per indirizzarlo contro il bersaglio desiderato. Per questo è una cura super efficace nelle malattie cosiddette “autoimmuni“ (lupus, artrite reumatoide, Morbo di Crohn, e molte altre), ma è anche una rivelazione nella lotta contro alcuni tipi di cancro.
Un esempio di successo è l’Herceptin, utilizzato al meglio contro il tumore alla mammella e che riduce del 50% il rischio di ricadute; un altro è il Lapatinib, che si sta dimostrando davvero efficace contro le metastasi derivanti dal tumore della mammella. Di fatto non sostituiscono le cure tradizionali come la chemioterapia o la radioterapia, ma sono comunque un validissimo aiuto collaterale.
Ecco spiegata, dunque, la definizione di “biologico”: sono farmaci che ci aiutano a combattere azionando le nostre stesse difese, usando, per dirla in modo romanzato, il nostro istinto vitale. Finora, sono almeno 15 i farmaci biologici in uso alla medicina, ma presto un migliaio di nuove molecole sono quasi pronte per essere utilizzate nei prossimi anni.
E come sempre, dato che la scienza non fa miracoli ma ricerche ed esperimenti, ogni scoperta porta con sé anche dei limiti: per esempio, in questo caso, curare il tumore con un farmaco biologico potrebbe significare agire non solo sulle cellule “cattive”, ma anche su quelle “buone”, distruggendo capre e cavoli. L’obiettivo degli scienziati è, allora, quello di studiare un modo di raggiungere il traguardo senza uccidere o danneggiare le cellule sane dell’organismo e comunque estranee alla malattia.
Chissà che un giorno non riescano anche a studiare un farmaco che sia costruito su misura per ciascun paziente nelle sue caratteristiche.
Noi tifiamo per loro!
Marina Piconese