Si chiama 4-methylimidazole il colorante responsabile del classico colore della bevande a base di cola.
Ma anche del fiume di polemiche che da alcuni mesi hanno investito le multinazionali Coca Cola e Pepsi. Il motivo? La sostanza responsabile del tono scuro delle bevande con le bollicine è cancerogena, almeno secondo quanto stabilito dallo Stato della California.
La “California Safe Drinking Water and Toxic Enforcement Act“, nota come “Proposition 65“, è una normativa statale della California nata per salvaguardare l’acqua potabile e le bevande dalla presenza di sostanze tossiche tali da poter provocare cancro o difetti di origine genetica. La Proposition 65 stabilisce infatti che se i prodotti presentano un rischio cancerogeno a più di 1 caso su 100.000 devono apporre sull’etichetta la scritta ” Può nuocere gravemente alla salute”. Così, quando il Center for Science in the Public Interest, un’associazione americana di consumatori, ha verificato che i livelli di 4_MEI nelle bevande a base di cola delle maggiori multinazionali fanno aumentare il rischio di cancro fino a 4,8 casi su 100.000 e che la concentrazione di questa sostanza è di gran lunga superiore alle quantità consentite dalla legge californiana, ha chiesto o di cambiare la composizione o di apporre un’etichetta che avverta del pericolo, come quelle dei pacchetti di sigarette “può provocare il cancro”.
“A differenza del caramello -spiega l’Associazione- che potete fare in casa sciogliendo in padella dello zucchero, il colorante marrone delle cole e di alcuni altri prodotti viene realizzato facendo reagire lo zucchero con ammoniaca e solfiti, ad alta temperatura ed alta pressione. Le reazioni chimiche causano la formazioni di 2-methylimidazolo e 4-methylimidazolo, che, secondo studi condotti dal Governo, ha causato leucemie o tumori del fegato, del polmone o della tiroide in animali da laboratorio“. Il Programma Tossicologico Nazionale, che ha condotto lo studio sugli animali, ha concluso che c’è “una chiara evidenza della cancerogenicità di questi composti negli animali”. Eppure la legislazione californiana impone un limite di 29 microgrammi, mentre al momento il livello sia nella Coca che nella Pepsi è in media tra 103 e 153 microgrammi.
Ma la questione divide le opinioni degli esperti e soni in molti ad opporsi all’allarme cancro: mentre la Coca Cola Company tranquillizza spiegando che “non ci sono rischi per la salute” e che “si tratta di un allarme senza fondamenti scientifici“, la American Beverage Association (ABA) spiega che si dovrebbero bere 2.900 lattine al giorno per 70 anni per raggiungere le dosi considerate rischiose di dalla California.
Anche per la Food and Drug Administration (Fda) si tratta di un pericolo inesistente: sidovrebbero bere 1.000 lattine di Coca al giorno per arrivare alla quantità di sostanza che iniettata agli animali sembra aver generato un cancro.
Ora la Coca Cola fa sapere di aver chiesto ai produttori di caramello con i quali lavora “di modificare il loro processo di produzione per ridurre la quantità di 4-MEI nel caramello, ma ciò non avrà alcun effetto sulla formula o sull’ottimo gusto dei prodotti, che conserveranno l’alta qualità che i consumatori si aspettano da noi. Queste modifiche non avranno influenza sul colore e gusto di Coca-Cola“. La decisone, presa anche per evitare di apporre la scomoda etichetta “può provocare il cancro“, che avrebbe inevitabilmente causato un’enorme perdita d’immagine.
Insomma, tra chi sostiene che le ragioni alla base della vicenda siano da ricercare solo in una guerra tra lobby e chi crede in questa battaglia sanitaria e per la salute del cittadino, noi di wellMe, che promuoviamo uno stile di vita sano e naturale, non possiamo che consigliarvi di bere piuttosto acqua.
Eviterete così anche le eccessive dosi di zucchero e caffeina contenute nelle bibite alla cola.
Ma anche di rendervi complici delle politiche tutt’altro che etiche e sostenibili attuate dalle aziende che le producono, discorso che vale un po’ per tutte le multinazionali, che vanno dalle pessime condizioni dei lavoratori ai licenziamenti illegittimi, fino alle accuse di omicidi di sindacalisti colombiani.
Altro capitolo da tener presente è il devastante impatto ambientale di Coca Cola e simili che, promuovendo la vendita di bevande in lattina e in plastica, contribuiscono alla produzione di migliaia di tonnellate di rifiuti e che, per la produzione delle bevande consumano moltissima acqua (per fare un litro di Coca Cola ci vogliono 9 litri d’acqua) e rilasciano sostanze inquinanti che finiscono poi nelle falde acquifere. Volete ancora un bicchiere di Coca Cola?
Roberta Ragni