Della Sclerosi multipla se ne parla poco perché in realtà ci sono ancora poche informazioni in merito a questa malattia cronica del sistema nervoso centrale.
In ogni caso, l’allarme rimane alto perché si tratta di una delle più frequenti cause di disabilità in persone di giovane età (colpisce maggiormente tra i 20 e i 30 anni).
In Italia questa malattia colpisce 63.000 persone in gran parte donne.
Gli studi per cercare di trovare una cura per bloccare il processo degenerativo neuronale sono sempre molto attivi, ma non sempre si è riusciti a trovare la soluzione adatta e ci si è persi dietro lunghi i tempi di verifica e sperimentazione di nuove terapie.
Però sembra che qualcosa si stia muovendo e iniziano ad apparire dei risultati positivi grazie ad uno studio internazionale, finanziato dalla Fondazione Italiana Sclerosi Multipla (Fism) e coordinato dai ricercatori del San Raffaele di Milano, che ha evidenziato l’esistenza di un processo neurodegenerativo degli astrociti, cellule del sistema nervoso centrale.
Attraverso gli esami in laboratorio è stato dimostrato che proprio queste cellule hanno un forte peso nello sviluppo della SM, infatti l’ossido nitrico che si produce durante la reazione degli astrociti con le neurotrofine provocherebbe la neurodegenerazione. Questa conseguenza si ha perché l’ossido nitrico determinerebbe la perdita di mielina dei neuroni, cioè la guaina che li protegge e ciò li porterebbe alla morte.
Si è arrivati a questa conclusione notando il riscontro di una forte reazione del recettore TrkB delle neurotrofine sugli astrociti nelle lesioni da sclerosi multipla. L’importanza di queste molecole per la sopravvivenza, lo sviluppo e la funzione dei neuroni ci fa capire quanto siano utili anche per la neuroprotezione e la neurorigenerazione. Analizzando il modello animale della sclerosi multipla in topi geneticamente modificati, i ricercatori hanno scoperto proprio questa produzione di ossido nitrico causato dalla reazione tra il recettore TrkB e gli astrociti e ciò causerebbe i danni evidenziati dalla sclerosi multipla.
Cinthia Farina, coordinatrice dello studio e responsabile del Laboratorio di ricerca di immunobiologia delle malattie neurologiche presso l’Istituto di neurologia sperimentale (Inspe), Dipartimento di neuroscienze del San Raffaele, ha spiegato i risultati della ricerca condotta: “Descriviamo per la prima volta un nuovo processo patologico che sottolinea il contributo dell’astrocita alla neuro degenerazione. L’utilizzo di approcci di medicina traslazionale ci ha permesso di comprendere le implicazioni di queste osservazioni nel caso specifico della sclerosi multipla. In futuro tutte le strategie volte a bloccare il processo neurodegenerativo innescato dalle neurotrofine tramite l’astrocita, potrebbero in realtà condurre allo sviluppo di nuove terapie neuro protettive“.
Gli sviluppi della ricerca sulla sclerosi multipla possono confortare coloro che sono affetti da questa patologia degenerativa anche se, comunque, non si ha la certezza dell’effettivo successo di cure atte a proteggere i neuroni dalla loro distruzione. La strada da fare è ancora lunga ma forse si è arrivati a scoprire un punto preciso dal quale partire per poter bloccare i danni provocati dalla sclerosi multipla e poter garantire una vita quasi normale a coloro che ne vengono colpiti.
Lazzaro Langellotti