Perdere le ore davanti alle tessere di un puzzle non solo regala ai nostri bimbi enorme gioia e soddisfazione quando, incastrando un pezzo nell’altro, un nuovo mondo prende forma davanti ai loro occhi, ma li aiuta anche a sviluppare una mente matematica.
È quanto sostiene uno studio dell’Università di Chicago e del New York City Department of Education, pubblicato su Developement Science: l’incoraggiamento verso le discipline di tipo STEM (acronimo di science, technology, engineering and mathematics, cioè scienza, tecnica, ingegneria e matematica) deve partire fin da piccoli e fare puzzle migliora le capacità di correlazione logica. E i puzzle sono il modo migliore per svezzare la loro mente, sin da piccolissimi, soprattutto tra i 2 e i 4 anni.
Secondo i ricercatori, che hanno analizzato 53 coppie genitori-figli di diversa estrazione socio-economica durante sessioni di 90 minuti ogni quattro mesi, i bimbi che giocano molto con i puzzle dai 24 mesi fino al compimento del terzo anno di età si sanno muovere nello spazio meglio dei coetanei. E dopo due anni mostravano passione per la scienza e la scoperta, molto di più rispetto ai bambini che non usano le tessere da incastrare. Anche nell’interazione con i genitori i bambini abituati a fare puzzle dimostrano una maggiore partecipazione. Ma, soprattutto, otterranno voti più alti in matematica e in scienze quando andranno a scuola.
Ma dallo studio è emersa anche una diversa attitudine mentale fra maschietti, che tendono a fare puzzle più complessi, e femminucce. Una diversa attitudine può dipendere più che altro dai genitori, che dai rilevamenti filmati delle prove tendevano a fornire suggerimenti in cui sono usati più spesso termini geometrici ai maschi, mentre alle bambine chiedevano piuttosto “dove mettiamo il cappellino della principessa?”.
Roberta Ragni