Due milioni di euro per ogni coppia (in tutto sono 40) che ha subito la perdita di embrioni, ovociti o campioni di liquido seminale in seguito all’incidente al Centro di procreazione medicalmente assistita dell’ospedale romano San Filippo Neri.
È questo il risarcimento che chiederà il Codacons in virtù dei vari reati contestati alla Regione Lazio, all’Asl competente e al nosocomio della capitale: rifiuto d’atti d’ufficio e omissione, ed in più, al direttore generale del San Filippo Neri, soppressione di embrioni e interruzione di pubblico servizio. A questi si dovrebbe aggiungere il reato di omicidio colposo e lesioni gravi per la distruzione dei 94 embrioni, così come ipotizzato da Carlo Renzi, presidente dell’associazione dei consumatori: “lo Stato non può riconoscere agli embrioni la natura di esseri viventi solo quando si parla di aborto”.
Intanto lunedì scorso gli esperti del ministero della Salute hanno ispezionato il centro di Pma con esiti del tutto negativi:
“Il Centro – sottolineano gli ispettori nella relazione consegnata al ministro Renato Balduzzi – ha un’organizzazione non ottimale, l’organigramma non è chiaro, non c’è sistema di qualità, le strutture e i controlli sulle strutture non sono adeguati e c’è un grosso deficit sui controlli di funzionamento del sistema”.
Come evidenzia Cittadinanzattiva è necessario mettere subito in atto le normative che garantiscono la sicurezza della pratica medica (ci sono due decreti legislativi che sono già applicabili in Italia) e introdurre una cultura della sicurezza e del controllo dei rischi, oltre che la trasparenza e una corretta informazione alle coppie.
Fondamentale, inoltre, un sistema di accreditamento funzionale:
“Il Lazio è l’unica regione in Italia che non ha ancora attivato la procedura per gli accreditamenti dei centri di procreazione assistita – spiega Eugenia Roccella, ex sottosegretario alla Salute ora deputato Pdl –. Il Centro del San Filippo Neri è considerato pubblicato ma non è accreditato”.