immagine

Malati di cancro: le parole che (non) ti ho detto

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin

Ne sa qualcosa di cancro, lei, Deborah Orr, cronista del Guardian, che nella sua personalissima lotta contro la malattia le ha sentite dire di tutti i colori.

Non volontariamente, infatti, spesso familiari e amici cadono nella trappola della pura formalità e dicono parole di troppo che al malato fanno tutt’altro che bene.

Ora che la fase più dura della terapia post-operatoria è finita, la Orr ha messo giù una sorta di decalogo di quello che non si dovrebbe mai dire a chi ha un tumore.

Vediamo di che si tratta:

1.Mi dispiace molto per te“: una frase, dice la giornalista britannica, “che ti fa sentire oggetto di pietà e compassione, non è esattamente una bella sensazione ascoltarla

2.Se c’è qualcuno che può combattere questa malattia, sei proprio tu!“, per la serie “solo chi ha un carattere di ferro può farcela, non è di grande conforto, specie se in quel momento ti senti fragile e demoralizzato, come è possibile o normale che sia

3.Ti trovo proprio bene“, “È impossibile che non si noti l’affaticamento di qualcuno malato di cancro, dunque è un’uscita stucchevole, ipocrita, che non aiuta per niente

4.Hai un pessimo aspetto“, insomma, zitti no eh? Sia ipocrisia che sincerità al 100% non vanno bene: “Un malato non ha certo bisogno di ricevere una conferma del proprio stato

5.Fammi sapere i risultati degli esami“, su, nessun malato di tumore ha intenzione di diffondere i risultati delle analisi! Soprattutto se seguono a esami lunghi e stressanti, i cui esiti possono anche essere catastrofici…

6.Qualunque cosa io possa fare per aiutarti, sono a tua disposizione“, tipo? Stiamo solo ricordando al malato che non è autonomo. Il segreto sta semplicemente nel fatto di proporgli direttamente un suggerimento: “che ne dici se vado a prendere io i tuoi bambini a scuola il martedì?

7.Le tue preoccupazioni sono infondate“, secondo la Orr è la tipica frase che si usa proprio quando le preoccupazioni sono più che fondate

8. (Terribile)Cosa si sente davvero con la chemioterapia?“, a cui si potrebbe rispondere con un secco “perché non la provi e poi mi dici?

9.Ho davvero bisogno di vederti“, fosse facile… tra esami, analisi e incontri coi medici…

10.Sono terribilmente sconvolto per la tua condizione“, il che significa sotterrare l’ammalato. Meglio, e Deborah Orr conferma, “spunti positivi” e “una vicinanza serena, meglio regalare fiori e sorrisi che inondarlo di lacrime“.

Condividi su Whatsapp Condividi su Linkedin
Giornalista pubblicista, classe 1977, laurea con lode in Scienze Politiche, un master in Responsabilità ed etica di impresa e uno in Editing e correzione di bozze. Direttore di wellme per tre anni, scrive per greenMe da dieci. È volontaria Nati per Leggere in Campania