Mentre in altre culture agli anziani è dedicato il massimo rispetto, nel nostro mondo spesso coloro che hanno raggiunto la terza età si trovano a trascorrere una vita completamente isolata da amici, parenti e conoscenti. È triste pensare che figli e nipoti non facciano più visita ai loro genitori o nonni perché troppo impegnati nelle faccende della vita quotidiana. Attenzione: la solitudine può uccidere.
È quanto emerso da uno studio pubblicato di recente sulle pagine di Archives of Internal Medicine. L’indagine prende il nome di Health and Retirement Study ed è stata effettuata su un gruppo di anziani che avevano superato i 60 anni di età. Lo studio era volto a monitorare la situazione generale degli anziani statunitensi dopo la pensione. Gli anziani hanno ricevuto un questionario con specifiche domande a cui rispondere, che sono state distribuite ad un campione formato da 1600 persone tra uomini e donne.
Secondo quanto dichiarato da Carla Perissinotto, geriatra dell’Università di San Francisco che si è occupata di analizzate i questionati, il 43% degli anziani intervistati potevano essere definiti come persone che si sentivano sole. In particolare, per quanto riguarda le donne, 6 su 10 hanno dichiarato di avvertire nel corso delle proprie giornate un senso di isolamento, di abbandono e di mancanza di compagnia.
I risultati ottenuti dai questionari sono stati confrontati con i dati relativi al tasso di mortalità rilevato nel corso degli ultimi sei anni. Da tale raffronto è emerso come coloro che si trovano a vivere in un condizione di solitudine e di isolamento abbiano una possibilità di morire del 45% più elevata rispetto a coloro che hanno la possibilità di godere di compagnia. È emerso inoltre come vivere in solitudine significhi avere una più scarsa possibilità di movimento e di spostamento, spesso a causa di una progressiva perdita dell’autonomia, a fronte della quale non si riceve in cambio il sostegno dovuto.
I dati della ricerca non si riferiscono solamente a coloro che effettivamente vivono soli, ma anche a quelle persone che, pur avendo ancora il coniuge al proprio fianco, soffrono di solitudine, con conseguenze anche a livello fisico, probabilmente per via di un proprio personale stato interiore o per il desiderio di essere circondati da un maggior numero di persone e di poter compiere una vita più attiva nonostante l’età. Benvengano dunque i centri di aggregazione per gli anziani e una maggiore volontà di fare loro compagnia, affinché i nonni possano rimanere più a lungo tra noi.
Marta Albè