Tra il 1960 e il 2010 gli italiani hanno guadagnato circa 14 anni di speranza media di vita, grazie a una maggiore prevenzione e a una cura più mirata delle malattie cardiovascolari.
Sono i dati snocciolati al primo congresso nazionale della SICGe, la Società Italiana di Cardiologia Geriatrica, in corso a Verona: 42 mila morti in meno per malattie cardiovascolari dagli anni ’80 ad oggi, con un’età di insorgenza di queste patologie passata dai 55-60 anni ai 70.
In questo modo si potrà raggiungere gradualmente il limite biologico oggi ipotizzato di 120 anni, azzardano gli esperti, e forse saranno sufficienti 10 o 20 anni per raggiungere questo obiettivo.
“Quello che è ha fatto la differenza – afferma il presidente SICGe, Niccolò Marchionni – non è solo un generico miglioramento dello stile di vita, ma è la miglior cura dell’ipertensione arteriosa, una malattia ‘nazionalpopolare’ che colpisce il 30 per cento dell’umanità (e oltre il 60% degli ultra70enni), della dislipidemia e del diabete, che sono le malattie più diffuse Il fatto di aver regalato alle persone una attesa di vita più lunga, le ha anche messe nelle condizioni di conservarsi meglio, anche attraverso attività fisica regolare e corretto regime alimentare, per accresciuta sensibilità generale a questi temi. “I nonni oggi non sono più solo nonni, ma uomini e donne che organizzano la propria attività. Il passaggio al ‘se devo vivere di più tanto vale cercare di vivere meglio’ è stato quasi automatico. Con il risultato che la fitness dei 70enni di oggi è quella dei 50enni di ieri”.
“Sempre più spesso – aggiunge Alessandro Boccanelli, vicepresidente SICGe – ci troviamo a confrontarci con i problemi delle malattie di cuore associati con quelli tipici dell’età avanzata. Questo perché, in senso positivo, abbiamo creato dei ‘mostri tecnologici’. Dal punto di vista farmacologico, delle procedure, della prevenzione, abbiamo cioè portato le persone a vivere fino a 90 anni senza problemi. Giusto per fare un esempio, per risolvere una stenosi aortica, che prima veniva trattata dal cardiochirurgo al massimo fino all’età di 70 anni, oggi si possono impiantare fino a cent’anni valvole percutanee senza intervento chirurgico, con ottima efficacia ed aumento dell’attesa di vita di molti anni ancora. Ora dunque iniziamo a confrontarci con le avanguardie dei centenari sempre più numerosi e in forma. A fronte di questo, però, non abbiamo riempito il vuoto che c’è tra la nuova aspettativa di vita e i vecchi problemi dell’anziano. Che resta tale per altre problematiche, di tipo motorio, cognitivo, per patologie di altri organi e per problemi socio-sanitari e organizzativi tipici dell’età avanzata. Questa è la sfida del futuro”.
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