Essere belli in maniera ecosostenibile oggi si può. Basta scegliere i prodotti delle numerose aziende del settore che adottano programmi di solidarietà volti alla valorizzazione delle comunità locali, al rispetto dell’ambiente, del lavoro femminile e al sostegno e all’alfabetizzazione delle popolazioni autoctone.
Tutti elementi questi che premiano i fatturati e che assicurano al consumatore un controllo diretto sulla filiera.
Alfonso Emanuele De Leon, brand manager in Italia per Aveda la definisce una sorta di adesione emotiva: “una ricerca dell’anno scorso ha evidenziato che l’attenzione è sempre più focalizzata sui prodotti di origine naturale e sui brand che operano con una responsabilità sociale. Quasi il 20% dei nostri consumatori condivide Aveda per la sua filosofia e la sua mission e il trend conferma che possiamo migliorare il mondo facendo business in modo sostenibile“.
Un atteggiamento adottato da molti altri marchi della cosmesi che acquistano materie prime a pressi solidali, coinvolgono gli abitanti nella catena produttiva e sostengono, ognuna a suo modo, lo sviluppo locale. Aveda ad esempio ha aiutato in Amazzonia la tribù degli Yawanawa, da cui l’azienda si rifornisce di uriku che usa per realizzare i rossetti, nella costruzione di una scuola e di un dispensario. Chanel, utilizzando lo zenzero blu nei suoi prodotti, ha finanziato con l’Ong franco-malgascia L’Homme e l’Environnement il progetto Vohimana, contribuendo così alla scolarizzazione dei bambini locali e impiegando la popolazione nella raccolta e nella lavorazione dello zenzero, che sta diventando una fonte di reddito importante.
Clarins invece rilancia l’economia del Madagascar grazie all’estratto della corteccia di katafray: il 5% del prezzo di vendita viene girato ai partner locali per il finanziamento di progetti di interesse collettivo. E ancora, in Afghanistan Dr. Hauschka dal 2004 si adopera per il progetto Rose per Nangarhar con l’obiettivo di creare un’alternativa concreta alla coltivazione di oppio (proviene da qui l’80% delle forniture di eroina nel mondo) incentivando la lavorazione della rosa damascena, presente in molti prodotti del brand tedesco.
Infine, scopo principale della Fondazione L’Occitane è l’emancipazione femminile nel Burkina Faso: degli oltre 4 milioni di euro investiti dall’azienda francese negli ultimi cinque anni, il 46% è stato utilizzato per l’alfabetizzazione e la formazione professionale delle donne che custodiscono il segreto della lavorazione tradizionale del burro di karité.
Insomma una sorta di eco incentivi che aiutano le aziende a produrre in maniera sostenibile e soprattutto i paesi in via di sviluppo a trovare fonti di sostentamento economico nelle proprie realtà locali. Un grande passo in avanti, ma molte di queste aziende sono in ogni caso ancora lontane dal produrre cosmetici completamente scevri da roba chimica varia.
Fabrizio Giona