I prezzi degli alimentari sono alle stelle. Anche la Banca Mondiale ha affermato che il costo medio mondiale degli alimenti base è ormai ai massimi storici, causando uno slittamento verso la povertà di ben 44 milioni di persone solo nel 2011.
Eppure, da tutto questo, qualcuno come sempre ci guadagna. A chiarire il nesso tra l’infiammarsi dei prezzi degli alimenti base come grano o soia, da cui dipende la vita centinaia di milioni di persone, e le banche che ci speculano sopra è un articolo del Fatto Quotidiano, a firma di Mauro Del Corno.
“A soffiare sul fuoco“, per usare le stesse parole del giornalista, è soprattutto la banca inglese Barclays , “quella dello scandalo sulla manipolazione del Libor, il tasso che regola i prestiti interbancari in valute diverse dall’euro“, precisa Del Corno, responsabile delle speculazioni più massicce sui beni agricoli che, come denuncia il World Development Movement nella lista degli istituti di credito che hanno guadagnato di più dal rincaro dei beni agricoli, le hanno fatto guadagnare utili per mezzo miliardo di sterline (630 milioni di euro) negli ultimi due anni.
Secondo il World Development Movement, subito dopo Barclays ci sono Goldman Sachs e Morgan Stanley e, con una posizione “più defilata“, Royal Bank of Scotland, HSBC, Jp Morgan e Ubs. Grandi speculatori sui beni alimentari erano fino a poco tempo fa anche le tedesche Deutsche Bank e Commerzbank “ma una crescente pressione dell’opinione pubblica le ha indotte a ridimensionare sensibilmente la loro attività in questo campo“, spiega Del Corno.
Detto questo, scoprire con precisione quanto le banche investano su grano, mais, riso o soia è davvero improbabile. Un modo indiretto per capire quanto sia forte la presenza di una banca nel mercato delle materie prime, però, è rappresentato dal cosiddetto VAR (Value at Risk), “un indicatore utilizzato per calcolare a quanto potrebbe ammontare la perdita massima realizzabile in un singolo giorno“, si legge nell’articolo.
Stando agli ultimi dati disponibili, quindi, in sole 24 ore Barclays potrebbe arrivare a perdere 25 milioni di dollari per le sue scommesse sulle materie prime, mentre Goldman Sachs fino a 23 milioni, Morgan Stanley 26 milioni, Jp Morgan 14 e Ubs circa 4 milioni. Insomma, “è difficile stabilire con esattezza quale sia l’incidenza della speculazione nel movimento al rialzo dei prezzi – conclude Del Corno – tuttavia è innegabile che un effetto ci sia“.
Roberta Ragni