I ricordi ci servono per immaginare il domani. Lo afferma il professor Daniel Schacter, psicologo della Harvard University, secondo il quale alla base della nostra visione del futuro c’è la memoria autobiografica.
Questa teoria, apparsa sulla rivista New Scientist, capovolge dunque quella che finora era considerata la funzione principale della memoria, cioè la conservazione dei ricordi, al fine di mantenere un’identità personale. Una conferma dei risultati della ricerca del professor Schacter arriva anche da studi di visualizzazione cerebrale, condotti dal professor Endel Tulvig, del Rotman Research Institute di Toronto: un suo paziente affetto da amnesia, che aveva perso la memoria episodica – quella su cui si basa l’autobiografia interiore – non riusciva ad immaginare il proprio futuro.
Anche i ricercatori stanno prestando molta attenzione all’ipotesi della memoria come strumento per immaginare il proprio futuro. “È ancora presto per trarre conclusioni definitive su questo argomento, soprattutto per quanto riguarda le basi neurali di immaginazione e ricordo, ma le ricerche che sono attualmente in corso sembrano confermare l’importanza della memoria, insieme ad altri processi, anche nell’immaginare scenari futuri e nel determinare le decisioni da prendere – dichiara al Corriere della Sera il professor Fabio Del Missier, del Dipartimento di Scienze della Vita dell’Università di Trieste, che da diversi anni studia la relazione tra i processi di memoria e quelli decisionali – Senza contare il fatto che un diverso filone di ricerca ha dimostrato come i ricordi degli eventi passati possano influenzare anche i processi di giudizio e stima che sono alla base di una varietà di comportamenti della vita quotidiana. Anche se non sempre siamo accurati, nei giudizi e nelle stime, nel prevedere il futuro, possiamo comunque sostenere che la memoria è un elemento fondamentale della nostra capacità di adattamento all’ambiente”.
La memoria personale, comunque, non è completa: possono mancare momenti importanti della vita ed esserne, invece, presenti altri meno rilevanti. Alla luce di ciò, la previsione del futuro si baserebbe su dati mancanti e quindi sarebbe poco affidabile. Ma tale inaffidabilità è dovuta anche al fatto che, considerato lo stretto rapporto esistente tra identità e memoria personale, i ricordi vengono aggiustati di continuo, in modo da corrispondere all’immagine che ognuno ha di sé.
“Il senso di chi sei e di come metti in atto la tua personalità – sostiene la professoressa Robyn Fivush della Emory University di Atlanta – sono strettamente collegati alla memoria personale”. Per esempio, se una persona si considera coraggiosa cercherà di cancellare dai propri ricordi un’azione meno impavida. In ognuno di noi, quindi, esiste una continuità tra il passato e il presente. La professoressa Fivush, studiosa delle relazioni tra memorie infantili, identità personale e gestione interiore dei traumi psicologici, ricorda come gli esseri umani abbiano questo straordinario dono di poter viaggiare nel tempo, a partire dall’infanzia, lungo questo filo di collegamento continuo, che si interrompe solo in caso di gravi processi patologici cerebrali.
Un ulteriore studio rivela che i ricordi autobiografici possono uscire dai confini della singola persona. La dottoressa Amanda Barnier della Macquarie University di Sidney, ha infatti scoperto che esistono delle memorie di coppia, ossia uno scambio o condivisione dei ricordi personali. L’indagine ha coinvolto alcune coppie sulle quali è stato riscontrato come conservassero più ricordi dei singoli componenti, alcuni dei quali venivano rivendicati dall’uno o dall’altro come propri, creando una confusione mnemonica di cui nessuno era consapevole.
Queste nuove teorie potrebbero portare in futuro allo sviluppo di modelli più complessi sulla memoria e sulle sue funzioni, con conseguente possibilità di conoscere meglio la nostra mente.
Silvia Bianchi