L’inverno è alle porte e le stufe a legno stanno tornando pian piano a scaldare le nostre case, dando vita a un ambiente accogliente, caldo e un po’ retrô. Ma questo è anche il periodo dell’anno con il maggior numero di casi di avvelenamento provocato dal monossido di carbonio che può fuoriuscire proprio da queste stufe, trasformandole in killer silenziosi.
Le intossicazioni sono infatti molto più diffuse di quanto si creda e hanno colpito negli ultimi giorni tantissime famiglie lungo tutto lo stivale. Anche perché il monossido di carbonio (CO), oltre a essere altamente tossico, è anche inodore, incolore, insapore, non irritante e quasi impercettibile. Tra i soggetti più a rischio ci sono i bambini, le donne in gravidanza, gli anziani e i cardiopatici. “Il monossido di carbonio – spiega qui la drottoressa Valeria Petrolini, tossicologo del Centro Nazionale di Informazione Tossicologica – Centro Antiveleni dell’IRCCS Fondazione Maugeri – si forma dalla combustione incompleta per carenza di ossigeno di composti organici come metano, carbone, legname“.
Quali sono le principali cause? Sicuramente tutto dipende dal mal funzionamento di impianti e apparecchi riscaldanti, anche di recente installazione e regolarmente revisionati, o da dispositivi impropri, come i bracieri, soprattutto se posti in luoghi chiusi come le stanze di una abitazione, garage o cantine. Insomma, tutti gli ambienti povero di ossigeno.
L’interruzione durante la stagione primaverile ed estiva nell’uso di apparecchi e impianti di riscaldamento, associato all’assenza di controlli di manutenzione ordinaria e straordinaria, aumenta il pericolo.
E le conseguenze? La gravità dell’intossicazione da CO dipende dalla durata di esposizione e dalla concentrazione del gas inalato. Le conseguenze possono essere lievi, con l’apparizione di sintomi come cefalea, nausea, vomito, stanchezza, o gravi, tanto da portare a confusione mentale, perdita di coscienza, sopore, coma, convulsioni, ma anche dolore toracico, cardiopalmo e perfino alla morte.
Cosa fare e cosa non fare? Prima di tutto bisogna provvedere a una manutenzione regolare dell’impianto termico da parte di personale qualificato e controllare periodicamente i requisiti di sicurezza dei dispositivi, senza modificarli mai autonomamente. Importantissimo anche verificare la pervietà e il tiraggio dei camini, non otturare le prese d’aria e garantire un adeguato apporto di ossigeno nei locali e non utilizzare bracieri e barbecue e generatori di corrente in ambienti chiusi.
Nel caso in cui non si disponga di mezzi di riscaldamento adeguati è auspicabile l’utilizzo di piccoli riscaldatori elettrici dotati di termostato e marcatura “CE” o di stufe mobili da adoperare, in ogni caso, sempre in ambienti ben aerati, come previsto dalla normativa vigente e in conformità al libretto delle istruzioni del rivenditore/fabbricante.
Se, invece, bisogna fronteggiare una situazione di emergenza con sospetta intossicazione, è necessario provvedere all’allontanamento dall’ambiente contaminato dell’eventuale intossicato. Se incosciente, meglio posizionarlo subito sul fianco, mentre si provvede ad aerare i locali e chiamare il 118.
Roberta Ragni