Il 31 Agosto del 2005, a Kleinmond, in Sud Africa, Sonnet Ehlers presentava il primo prototipo della sua nuova invenzione: il preservativo anti stupro. Un’arma capace, secondo la signora, di proteggere donne e ragazze dalla brutalità della violenza sessuale ma anche dal conseguente rischio AIDS e dalla possibilità di una gravidanza indesiderata.
Da allora, ricerche speranzose si sono alternate a momenti di sconforto. Nell’ Aprile 2007 i giornali hanno annunciato che l’accordo con le autorità sanitarie era cosa fatta e che da lì a poco il pratico oggetto sarebbe stato prodotto in Cina. Poi, la notizia è scomparsa dalla cronaca, senza che il prototipo venisse replicato in alcuno stabilimento della terra del Loto. Qualche giorno fa, un nuovo annuncio mediatico ha ribadito che a breve il Rape-axe entrerà in produzione negli stabilimenti cinesi, per divenire un oggetto a disposizione di tutte.
La moderna tagliola è la degna erede della medievale cintura di castità, usata, ricordiamo, non come punizione da mariti gelosi, padroni assoluti e sadici del corpo femminile, ma come protezione per le continue incursioni violente subite da donne prive della protezione dei mariti, lontani perché impegnati in qualche guerra.
Si tratta di una guaina in lattice dotata, al suo interno, di una serie di aculei. Si indossa come un tampone, attraverso un cilindro che ne aiuta il posizionamento in vagina. Quando il violentatore entra nel corpo della donna, il preservativo si avvinghia alla pelle dell’uomo (nonostante uno studio attento del disegno animato, come questo avvenga non è del tutto chiaro), provocandogli un forte dolore, ferite e traumi vari.
Per rimuoverlo, è necessario recarsi in ospedale, dove i medici, vedendo l’aggeggio saldamente ancorato al violentatore, dovrebbero provvedere ad avvertire le autorità. Le obiezioni mosse all’inventrice sono molte. Prima fra tutte, la paura che il meccanismo difensivo non funzioni e che possa provocare ulcerazioni e problemi alla donna. Sonnet Ehlers risponde sicura che non c’è alcun tipo di rischio, se non per l’uomo.
Viene da chiedersi qual reale utilizzo possa avere un dispositivo del genere. Usato come prova aggiuntiva, laddove la parola della vittima non basti, potrebbe essere un valido aiuto per tutte quelle donne che subiscono violenza domestica. Per le altre, è difficile immaginare di indossarlo prima di andare ad una festa o di ritorno dalla palestra. A parte i dubbi sulla rimozione (come si toglie? Perderò un dito alla volta?) e sull’adattabilità a qualsiasi dimensione maschile, resta un sistema inapplicabile ad una quotidianità. Sarebbe, inoltre, auspicabile una discussione sul fatto che un tale dispositivo sia eticamente approvabile. Se gli spray anti aggressione sono fuori legge, forse bisognerebbe indagare con attenzione gli effetti del Rape-axe.
Se si desiderano sicurezza e tranquillità in ogni situazione, meglio rivolgersi ad un corso di difesa personale. Lì, partendo dallo studio dei codici della violenza, si può imparare a riconoscere una situazione di possibile aggressione, ad affermare con decisione la propria volontà (per le ragazze che subiscono abusi in ambito familiare durante l’età adolescenziale), a scoraggiare l’aggressore e a difendersi usando il proprio corpo come risorsa. insegnamento indispensabile, valido anche per la vita di tutti i giorni. Poi, ci auguriamo sempre che più che imparare a difendersi, si insegni a non attaccare.
Fiammetta Scharf