Incroceranno le braccia domani martedì 12 febbraio i ginecologi e gli ostetrici, che proclamano il loro primo sciopero contro i tagli che “hanno messo in ginocchio l’assistenza“.
Stop per un giorno, quindi, a parti programmati (per un totale di circa 1.100 interventi stimati), a visite e ad esami nelle strutture pubbliche (compresi ambulatori ostetrici e consultori) e private, tranne per i casi di estrema urgenza.
I circa 15mila operatori di diverse associazioni di ginecologi e ostetrici (le sigle sono Aogoi, Sigo, Agui, Fesmed, Agite, Sieog, Aio) pongono alla base della protesta due motivazioni principali: i tagli della spending review e delle altre manovre finanziarie degli ultimi anni che stanno mettendo in ginocchio l’assistenza sanitaria e la crescita del contenzioso medico legale, ossia degli esposti e dellle denunce.
“Ma di fronte al clamore mediatico – spiegano i ginecologi – a conti fatti, il 98,8% dei procedimenti a carico di personale sanitario, di cui il 10% è rappresentato da ginecologi, è archiviato senza condanna per l’operatore coinvolto. La malasanità è un bluff ma provoca problemi personali e professionali rovinando la vita a molti colleghi e producendo danni economici per il sistema sanitario“.
Si aggira intorno ai 12 e i 14 miliardi di euro all’anno, infatti, lo spreco dovuto ad accertamenti inutili e alla “medicina difensiva“.
Infine, ginecologi e ostetrici, in vista delle elezioni del 24 e 25 febbraio, minacciano uno sciopero del voto se non otterranno risposte. “Alle forze politiche che vanno alle elezioni – concludono – chiediamo la certezza del finanziamento per la sanità, l’impegno ad applicare immediatamente la riforma dei punti nascita, approvata ormai due anni fa, la garanzia di misure cogenti sulla responsabilità professionale in sanità“.