A causa di una malattia rara, denominata sindrome di Urbach-Wiethe, una donna americana quarantenne non può avere paura. Lo studio della particolare condizione della donna ha permesso agli esperti di approfondire il ruolo dell’amigdala nel generare panico e paura in risposta a minacce provenienti dall’esterno.
Per anni, i ricercatori della University of Iowa hanno lavorato a stretto contatto con la paziente, notando l’assenza di reazioni della donna di fronte a minacce provenienti dall’esterno, come potevano essere le immagini di un film horror, ragni, serpenti, ma anche veri e propri incidenti e minacce eseguite utilizzando un coltello.
I ricercatori hanno deciso di prendere in esame la paziente ed altri soggetti affetti da gravi danni all’amigdala per comprendere la loro risposta alle minacce provenienti dall’interno, una strada che fino a quel momento non era mai stata esplorata. Alla donna e ad altre due pazienti è stato richiesto di sottoporsi ad un test che prevedesse l’esposizione ad una minaccia interna, consistente nell’inalazione di una miscela di gas che conteneva il 35% di anidride carbonica. Si tratta di uno degli esperimenti maggiormente impiegati in laboratorio per indurre un attacco di panico della durata di alcuni secondi.
L’esperimento ha permesso alle pazienti di provare una vera e propria sensazione di panico e paura, che a causa della malattia non era stata mai avvertita in precedenza. Le reazioni da attacco di panico delle pazienti sono risultate evidenti, attraverso i loro tentativi di strapparsi la mascherina dal volto per fermare l’inalazione di gas.
Tale esperimento ha permesso ai ricercatori di dimostrare come l’amigdala non rappresenti l’unica zona del nostro organismo ad essere collegata allo scatenamento di panico e paura. Vi sarebbero infatti altre aree del cervello deputate alla rilevazione delle minacce e considerabili come custodi della paura, tra le quali è possibile trovare corteccia insulare, diencefalo e tronco encefalico. Il panico e la forte paura sarebbero dunque indotti da zone situate al di fuori dell’amigdala e ciò potrebbe aiutare gli esperti ad approfondire la loro reale origine.
Marta Albè
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