La Sla, sclerosi laterale amiotrofica è una malattia degenerativa che colpisce le cellule nervose cerebrali e del midollo spinale con effetti devastanti sui muscoli e più in generale, dunque, sulla capacità di muoversi. Si inizia perdendo il tono e la forza muscolare ma lentamente si può arrivare alla paralisi totale e alla morte. Una malattia terribile, attualmente trattabile solo con alcuni farmaci che offrono scarsi risultati.
Esistono Sla di diverso tipo, ma una di esse è collegata alla mutazione del gene SOD1, e proprio su questo tipo di patologia si è concentrato un nuovo studio. L’esperimento, che ha superato i test di sicurezza, è stato condotto dalla Washington University School of Medicine di St. Louis in collaborazione con il Massachusetts General Hospital e ha visto la sua pubblicazione ufficiale sul Lancet Neurology.
Il trattamento si è servito di un farmaco introdotto nel sistema nervoso centrale, tramite infusioni spinali. La tecnica utilizzata dai ricercatori per bloccare la produzione della proteina SOD1 si chiama “antisense therapy” ed è già utilizzata in altri casi come spiega il principale autore dello studio, il dottor Timothy Miller dell’Università di Washington, secondo quanto riportato da La Stampa: «L’antisense therapy è stata considerata e testata per una varietà di disturbi nel corso degli ultimi decenni. Per esempio, la FDA ha recentemente approvato una antisense therapy chiamata “Kynamro” per trattare l’ipercolesterolemia familiare, una malattia ereditaria che aumenta i livelli di colesterolo nel sangue».
Nella prima fase della ricerca, testata su modello animale, è stato utilizzato un nuovo farmaco realizzato dal dottor Miller e la sua equipe, poi sono stati eseguiti anche una serie di test clinici. Diversi ospedali americani hanno iniettato tramite infusioni spinali della durata di 11 ore in un gruppo di pazienti il vero e proprio farmaco, in un gruppo di controllo, invece, un semplice placebo. Per il momento gli scienziati hanno visto che non ci sono stati effetti collaterali nel gruppo che l’ha assunto se non comuni mal di testa e mal di schiena dovuti con grande probabilità al sistema dell’infusione spinale in sè.
«Questi risultati ci permettono di andare avanti nello sviluppo di questo trattamento e suggeriscono altresì che questo è il momento di pensare ad applicare questo stesso approccio ad altri geni mutati che causano disturbi del sistema nervoso centrale». Un nuovo approccio dunque che potrebbe essere utile anche per altre malattie degenerative come Alzheimer, Parkinson, morbo di Huntington, ecc.
Presto si passerà alla fase II dello studio, in cui i ricercatori dovranno aumentare il dosaggio per poter avere effetti più potenti sulla riduzione della proteina SOD1 e di nuovo riconsiderare eventuali effetti collaterali.
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