Amore e innamoramento: la più travolgente delle esperienze umane. Sono i primi amori quelli che, anche se non destinati a durare per sempre, stravolgono la mente e il cuore, tolgono l’appetito, catalizzano i pensieri, ribaltano la scala delle priorità, fanno vivere sensazioni sconvolgenti, uniche.
Sono gli amori dell’adolescenza, quel periodo in cui tutto è vissuto con la massima intensità, senza mezze misure, in maniera assoluta. Chiunque abbia reminiscenze di questa fase della vita, o sia genitore di adolescenti, ricorderà o starà sperimentando che al mondo emozionale di chi sta uscendo dall’infanzia per affacciarsi alla vita adulta è opportuno accostarsi con delicatezza e rispetto, se non si vuole rischiare di essere estromessi completamente, con un lapidario “tu non ne capisci niente“.
Già, ma chi veramente capisce qualcosa del modo in cui nascono l’attrazione per l’altro sesso, le prime cotte, l’innamoramento? Come si impara ad amare non solo i propri genitori o i familiari, ma quella persona con cui iniziamo a sognare una vita insieme?
È questa la domanda che si sono posti i neurologi della Michigan State University. La risposta è venuta attraverso l’osservazione del comportamento di un gruppo di criceti, di ambo i sessi. I ricercatori hanno iniettato su questi animaletti dei marcatori in grado di evidenziare la nascita di nuove cellule. Quando i criceti avevano raggiunto l’età adulta è stata favorita la loro interazione e si è esaminata la creazione delle nuove cellule.
È stato possibile, con sorpresa, notare che queste si depositavano non nelle zone del cervello tradizionalmente considerate capaci di evoluzione, e cioè quelle preposte alla memoria e agli odori, ma nell’amigdala, l’area preposta al controllo delle emozioni, che si riteneva non soggetta ad evoluzione.
È dunque durante la fase dello sviluppo puberale, secondo i ricercatori, che avviene, nell’amigdala, la formazione di nuove cellule nelle quali si trova una proteina grazie alla quale possiamo recepire gli input provenienti dagli altri e dunque iniziare a sperimentare, per la prima volta, quel turbinio vorticoso di emozioni che accompagnano l’inizio di una relazione di coppia.
Tutta opera del cervello, dunque? Per quanto riguarda i criceti sembra di sì. Resta da stabilire se la stessa dinamica si verifica anche negli esseri umani. Certo, con la frase “il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce“, Pascal lasciava un ridotto spazio d’azione all’attività cerebrale: non ci resta che attendere ulteriori sviluppi degli studi e nel frattempo contemplare quanto l’intensità di un sentimento possa trasformare l’esistenza umana, a partire dall’adolescenza.
Francesca Di Giorgio