Un team di scienziati ha scoperto la molecola che, nel cervello, è responsabile di tutti i nostri sentimenti di stress e di ansia. I ricercatori ritengono che la proteina, denominata CRF1, potrebbe anche essere collegata alla depressione.
Gli scienziati, dell’Heptares Therapeutics, una società medica con sede nell’Hertfordshire, ha usato una delle macchine a raggi X più potenti del mondo per lo studio della ghiandola pituitaria del cervello. È da tempo noto, infatti, che tale ghiandola controlla lo stress, la depressione e l’ansia attraverso il rilascio di sostanze chimiche. Oggi, gli scienziati hanno scoperto che la reazione è innescata proprio dal CRF1, che si trova nelle membrane esterne delle cellule ipofisarie.
Fiona Marshall, direttore scientifico presso Heptares, ha riferito che “le malattie dovute allo stress, come la depressione e l’ansia, colpiscono un quarto degli adulti ogni anno, ma ciò che molte persone non capiscono è che queste condizioni sono controllate dalle proteine nel cervello, una delle quali è la CRF1“.
Inoltre, la ricercatrice ha aggiunto che ora si è a conoscenza della molecola e del modo in cui essa funziona. E questo potrebbe costituire un potenziale per la progettazione di farmaci mirati a controllarlo.
La CRF1 si trova nelle cellule ipofisarie e rileva le molecole dello stress individuate dall’ipotalamo, una porzione del cervello che produce gli ormoni che controlla, oltre la temperatura corporea, la fame e l’umore. Quando si ricongiunge ad una di queste molecole, si innesca nella cellula madre un processo che rilascia gli ormoni che portano a stati legati allo stress e all’ansia.
Utilizzando il Diamond Light Source, un acceleratore di particelle con sede a Harwell, nell’Oxfordshire, e in grado di produrre fasci potenti di raggi X, i ricercatori hanno potuto studiare la struttura della proteina e le aree che potrebbero essere un bersaglio per i nuovi farmaci.
Fiona Marshall ha dichiarato di aver individuato una “fessura”, che potrebbe costituire la zona ideale per indirizzare e convogliare una molecola che potrebbe essere appositamente progettata per bloccare la CRF1 e, dunque, disabilitarla.
Il team di scienziati, ora, spera di utilizzare questo metodo di ricerca per analizzare le molecole coinvolte nel diabete di tipo 2 con la speranza, un giorno, di sviluppare un tipo di un farmaco che possa essere assunto per via orale, a differenza delle iniezioni di insulina che i pazienti sono costretti a vedersi somministrare.
Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Nature.
Federica Vitale
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