Dopo la prima giornata internazionale dedicata a sensibilizzare e prevenire il tumore ovarico, che si è svolta l’8 marzo 2013 ad opera dell’AISPPD, un’altra data importante per tutte le donne sarà l’8 maggio, quando si terrà la giornata mondiale sul tumore ovarico, voluta fortemente dall’associazione Acto (Alleanza Contro il Tumore Ovarico) che da anni si batte per una corretta informazione e prevenzione per questa neoplasia.
Nella mattinata ci sarà un incontro-dibattito all’Istituto Europeo di Oncologia, con il punto sulla ricerca che proprio in questi ultimi due anni, è giunta a un’importante svolta grazie alla scoperta del farmaco bevacizumab, l’anticorpo capace di inibire il fattore di crescita vascolare del tumore, oggi non ancora disponibile in tutte le regioni italiane.
Nei paesi sviluppati il carcinoma ovarico è la prima causa di morte da tumore ginecologico. Si stima che negli Stati Uniti circa 1 donna su 70 sviluppa un carcinoma ovarico e 1 su 100 muore a causa di questa malattia. Nel mondo il carcinoma ovarico rappresenta la 6° neoplasia maligna femminile più comune con incidenze particolarmente elevate negli Stati Uniti ed in Europa. Ma, nonostante questi dati, non è una malattia conosciuta.
Le campagne di informazione sul tumore al seno, per esempio, hanno raggiunto negli anni degli obbiettivi importanti, al punto tale che questo cancro è oggi guaribile nel 98% dei casi di chi fa diagnosi precoce e quindi scopre in tempo il tumore. Anche per il cancro all’utero, grazie al vaccino anti-papilloma virus, messo a punto nel 2007, si sono fatti passi decisivi nella prevenzione.
Tra i tumori ginecologici, tuttavia, ne rimane uno, il cancro ovarico – il più letale al momento con 500 decessi al giorno in Europa e con un tasso del 37% di sopravvivenza a cinque anni dalla diagnosi- sul quale si sa ancora molto poco. Inoltre le poche informazioni che girano sono spesso anche sbagliate. Una buona parte delle donne, infatti, lo confonde con quello dell’utero e finisce col pensare che occorra solo far il pap-test per ‘stare tranquille’. Nulla di più sbagliato: un pap-test negativo non esclude il cancro ovarico.
“La più grande beffa di questo tumore – ci dice Andrea Papadia specialista in ginecologia oncologica dell’Università di Genova – è la sua assenza di sintomi. O meglio: i sintomi sono così leggeri da sembrare dei malesseri comuni, di quelli che hanno tutti. Stanchezza, sensazione di stomaco sempre pieno, dolore addominale, necessità di urinare spesso. Difficile partire da questi sintomi per uno screening approfondito. Eppure, per chi ha casi di familiarità con il tumore, bisognerebbe farlo“. Sintomi generici, quindi, ed esami da fare, invece, specifici.
Per diagnosticare correttamente un tumore di questo tipo occorre una visita ginecologica con ecografia trans – vaginale e un dosaggio del marcatore Ca125 (che in genere viene consigliato dopo un esito sospetto dell’ecografia trans-vaginale). In effetti, uno schema di prevenzione di questo tipo è molto complesso.
Allora, quando fare un visita specifica?
In realtà, quando si avvertono tutti assieme i sintomi per un periodo più o meno lungo, bisogna farsi prescrivere una visita ginecologica dal medico di famiglia. Se ci sono casi di tumori ovarico in famiglia, bisogna precisarlo al ginecologo che visita e farvi controllare le dimensioni delle ovaie. Se sono difformi o ingrossate, sarà lo stesso specialista ad indirizzarvi verso l’ecografia trans-vaginale. Il fattore di familiarità è incisivo nel carcinoma ovarico: le donne che hanno una parente di primo grado (madre, sorella o figlia) affetta da carcinoma ovarico, oppure anche una storia personale o familiare di cancro dell’endometrio, della mammella o del colon, hanno un rischio più elevato di sviluppare questa neoplasia.
Ma quando cominciare con questo screening?
“Non c’è un età per fare un’ecografia trans- vaginale se c’è il sospetto di una massa tumorale nelle ovaie – afferma Papadia – È vero che questo tipo di tumore viene in genere diagnosticato dopo l’ingresso in menopausa, ovvero dopo i 50 anni, ma spesso, soprattutto con casi di familiarità diretta, abbiamo trovato questa neoplasia a giovani donne di trent’anni. L’importante è la tempestività. Se si riesce a diagnosticare questo tumore nel primo stadio, ci sono speranze di guarigione e non solo di sopravvivenza. Grazie alla chirurgia e a nuove scoperte in campo farmaceutico, si può uscire fuori dal tunnel della malattia con successo“. Un fattore protettivo nei confronti di questo cancro è l’utilizzo di contraccettivi orali, per esempio, abbassa il rischio di carcinoma ovarico del 30-60%, e questa riduzione viene registrata già dopo pochi mesi di utilizzo.
E chi, invece, ha già il cancro ovarico?
“Posso dire – afferma l’esperto – che finalmente gli studi sul tumore ovarico, arenati a quindici anni fa, sono ripresi e hanno dato dei risultati confortanti soprattutto in termini di qualità di vita della paziente. Sono stati fatti passi in avanti anche sulla progressione della malattia, in alcuni casi molto aggressiva e invasiva. La vera urgenza è la recidiva: molte donne, grazie alla chirurgia, asportano il tumore che però si ripresenta, anche a distanza di due o tre anni. Tanto questo cancro risponde bene alla chemioterapia, tanto è recidivante e difficile da annullare per l’organismo. Per le donne è fondamentale, senza allarmismi, non sottovalutare i sintomi e fare anche un accertamento in più che, però, serva a escludere la presenza di questa malattia“.
La lotta al tumore ovarico può raggiungere gli stessi obbiettivi delle campagne per il cancro al seno e all’utero, basta informare correttamente e in maniera più continuativa su questa complessa neoplasia.
Sara Tagliente