Siamo sempre affannati, impegnati, distratti. Passiamo le giornate immersi nelle piccole magagne lavorative, riservando la nostra concentrazione assoluta a questioni di scarsa rilevanza.
Tendiamo a frequentare i luoghi che conosciamo, a raccontare sempre le stesse cose. Siamo, insomma, individui ripetitivi, che di frequente sono intrappolati in esistenze molto più grigie di quanto avessimo sognato. Alla semplice domanda “come stai”, molte persone usano rispondere con un sospiro e con un malinconico “sopravvivo”. La mancanza di gioia, l’inquietudine, sembrano essere le sensazioni più diffuse tra le persone sensibili.
Ci trasciniamo da un giorno all’altro, per dovere e senza entusiasmo. Spesso il lavoro ci assorbe tanto da non farci ricordare le aspirazioni che ci avevano appassionato quando eravamo più giovani. Arriviamo a fine giornata stanchi, spossati e poco felici. Attendiamo le ferie per riposarci, sperando di riscoprire, durante le pause, la gioia di vivere che sappiamo esistere in ogni essere umano. Ed in ogni vacanza veniamo, immancabilmente, delusi.
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Perché ciò che ci opprime non sono i ritmi lavorativi o le scadenze da rispettare, ma il fatto di sentirci distanti da quello che avremmo desiderato essere. Alcuni individui sono così confusi da non ricordare neanche più il progetto che avevano per la propria vita. Si diventa, semplicemente, indifferenti.
Siamo indifferenti a ciò che ci può risvegliare, agli stimoli esterni e anche alla voce interiore che ci implora di fermarci e di ritornare a noi. Non leggiamo, non scriviamo, non dipingiamo, non cantiamo o non balliamo perché non abbiamo tempo. Non coltiviamo le nostre passioni perché ci sono i ritmi della famiglia, le cose da fare, le aspettative da mantenere. E quando questo sistema ci è diventato insopportabile subentrano ansia e depressioni. La quotidianità diventa talmente opprimente da farci soccombere alla tristezza.
Quando siamo nel pieno della crisi avvertiamo il bisogno di avere certezze. L’idea di perdere i punti fermi ci fa sentire smarriti, confusi. Lasciare ciò che ci garantisce di continuare a sopravvivere, esattamente nello stesso modo in cui eravamo infelici prima, sembra la peggiore delle condanne.
Invece, la crisi è il momento più prezioso. Quando l’intero sistema delle nostre abitudini si infrange, allora ciò che stava nascosto e sepolto dentro di noi può trovare la forza per venire alla luce.
Magari la nostra anima desidera da sempre suonare uno strumento e poco importa che l’età non sia quella didatticamente più consona: saremo felici se ascolteremo quella voce che ci chiede, ogni giorno, di metterci a suonare. Oppure amiamo le gite in montagna, le avventure improvvise, i concerti rock, giocare con i soldatini o sfinirci di fatica in balli di gruppo, ma non abbiamo il coraggio di seguire le nostre passioni per il timore del giudizio altrui. Mille sono le inclinazioni che possiamo possedere, ma una sola è la regola per sperimentare la gioia: ascoltarci.
Fare silenzio, intorno e dentro a noi, e metterci in ascolto di noi stessi, della nostra timida voce interiore, che ci sussurra da sempre quale sia il cammino più adatto per noi.
Lasciare tutto, spesso, fa paura. Uscire da una relazione importante, dal lavoro che per tanto tempo ci ha consentito di mantenerci, da una vita a cui ci siamo adattati, ma soprattutto dall’immagine che abbiamo di noi stessi, ci terrorizza e ci rende fragili. Cambiare radicalmente, ricominciare dal nulla, ricostruirsi un’idea di chi siamo, seguendo ciò che abbiamo inibito o sperimentato con poca convinzione, può sembrare una follia.
Le credenze limitanti ci impongono sfiducia. “Perché proprio io? Perché dovrei meritare di realizzare il mio sogno più grande?“. È come essere in bilico su un cornicione. L’ansia di cadere ci fa credere che restare aggrappati alle certezze sia la scelta ottimale. Mentre invece, probabilmente, la cosa migliore da fare è lasciarsi andare, cadere, precipitare nell’ignoto. Darsi una nuova possibilità. Ricostruirsi da capo, secondo i principi nuovi che la nostra anima ci detta ora. Percorrere strade ignote, seguire i confini del sogno. Non avere limiti che non siano quelli della gioia.