Ciò che credevamo vero da sempre potrebbe essere incoerente, addirittura criminale. Da quando nel corso degli anni ’80 è apparsa la Sindrome da Immuno Deficienza Acquisita, Sida per i francofoni, AIDS per gli anglofoni, a essa è stato sempre associato il virus HIV (Human Immunodeficiency Virus). E se non fosse così? Se dietro il mistero che circonda il virus si nascondessero solo tutti quei due miliardi di dollari che ci spendono sopra ogni anno per la ricerca e per le medicine?
Non è facile districarsi tra le argomentazioni che sono state avanzate a favore o contro l’ipotesi Aids-Hiv.
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Ma il suo più tenace negazionista è il prof. Peter Duesberg della Università di Berkeley, in California, che ha ripetutamente pubblicato studi critici sull’argomento, l’ultimo dei quali alla fine del 2011 , intitolato “AIDS since 1984: No evidence for a new, viral epidemic – not even in Africa“, sulla rivista scientifica italiana, l’Italian Journal of Anatomy and Embryology (IJAE), continua a urlare al mondo che la teoria ufficiale non è tuttora in grado di spiegare in quale modo il virus HIV possa provocare le malattie che gli vengono imputate.
Una pubblicazione che era stata già ritirata nel 2009, circa tre anni prima, dalla rivista Medical Hypotheses, a seguito della pioggia di critiche ricevute, che sostenevano che le parole di Duesberg fossero “potenzialmente dannose per la salute pubblica”. In questo studio si sostiene, infatti, che i dati epidemiologici dell’AIDS sono incompatibili con quelli delle epidemie virali classiche, perché l’AIDS non si comporta come il morbillo o la varicella.
Ma di tutt’altro parere è Nathan Geffen, della campagna sudafricana Treatment Action Campaign, che ha dichiarato alla rivista Nature che “l’articolo è insensato e non avrebbe dovuto passare la peer review (il processo di controllo che garantisce la correttezza di uno studio scientifico, ndr.). La tesi che l’HIV non causi l’AIDS non ha alcuna credibilità scientifica“. Duesberg ne è comunque convinto: “non ci sono ancora prove che l’HIV causi l’AIDS“. E sostiene che in una fase di altissima diffusione dell’HIV in Africa, tra il 2000 e il 2005, la mortalità della popolazione del Sud Africa non sarebbe aumentata e non ci sarebbero evidenze di una epidemia fatale di AIDS. E c’è di più: la contestata decisione del Sudafrica di non accettare di usare i farmaci antiretrovirali comunemente utilizzati per la lotta all’AIDS “ha probabilmente salvato delle vite“, secondo il dottore.
Insomma, l’AIDS non sarebbe il flagello del secolo. Nonostante questi allarmi spaventosi, resterebbe una epidemia molto più piccola di quel che si vuol far credere, confinata in Occidente ad alcuni gruppi a rischio ben precisi, come omosessuali tossicodipendenti ed emofiliaci. Mentre in Africa sarebbe stata gonfiata da una definizione artificiosa, capace di riunire malattie antiche cambiandone il nome. AIDS è un termine calderone che raccoglie condizioni eterogenee e disparate. Si tratta di condizioni che vengono tra loro associate solo quando il risultato del test dell’AIDS è positivo. Se il risultato è negativo, le stesse malattie vengono chiamate con il loro vecchio nome.
Eppure, il “negazionismo” sul legame tra HIV e AIDS è considerato falso, privo di fondamento. Ed è anche un problema poiché fornisce alle istituzioni di alcuni Paesi una giustificazione per non mettere in atto politiche sanitarie adeguate. La comunità scientifica ha risposto più volte alle teorie complottiste, come con la Dichiarazione di Durban del 2000, sottoscritta da 5000 ricercatori tra cui 11 premi Nobel, per sostenere che il legame tra HIV e AIDS è provato scientificamente.
Ma i dissidenti continuano la loro lotta, sono ancora presenti in tutti i paesi occidentali. E, per difendere e diffondere le loro informazioni, hanno dato vita a numerose Associazioni.
Per saperne di più: www.duesberg.com, www.aliveandwell.org, www.rethinkingaids.com
Roberta Ragni