Si sa che il cane è il miglior amico dell’uomo. Lo stesso non si può dire del flebotomo, anche noto come pappataci. Dal momento che “pappa e tace”, non è amico né dell’uomo né tanto meno del cane.
I pappataci sono insetti molto comuni e contano circa 800 specie nel mondo di cui ben 80 sono portatrici di leishmaniosi. In Italia appartengono al genere Phlebotomus (P. perniciosus, P. ariasi e P.perfiliewi) che rappresenta il maggior responsabile della Leishmaniosi viscerale canina ed umana e di quella cutanea.
La sua pericolosità è tutta racchiusa nella sua morfologia: estremamente piccolo, circa 2-3 millimetri, è silenziosissimo per via della peluria che riveste le sue ali. Infatti, a dispetto delle cugine zanzare, il suo volo risulta vellutato e questo lo rende praticamente invisibile all’uomo. Un insetto che giunge in punta di zampe, insomma. L’untore volante porta con sé, grazie alla sua puntura, il parassita che genera la Leishmaniosi.
Cos’è la leishmaniosi?
Questa malattia si è diffusa enormemente in Italia negli ultimi anni, soprattutto nelle zone rurali e periferiche della fascia costiera, fino ad una altitudine di 700-800 metri. Nonostante l’enorme diffusione, la conoscenza del problema risulta ancora superficiale. In Italia una famiglia su quattro possiede un cane, ma appena il 15% dei proprietari sa correttamente cos’è la leishmaniosi e solo il 34% di chi la conosce sa che è trasmissibile anche all’uomo.
L’essere umano è l’altro ospite ricettivo di questa malattia nel quale si può sviluppare una grave patologia viscerale e forme muco-cutanee più o meno evidenti che fortunatamente risultano abbastanza rare e quasi completamente curabili.
Con l’arrivo dell’estate si fanno più frequenti le gite fuori porta o le passeggiate nei giardini e con esse le possibilità di incontrare il flebotomo. È questo il periodo di massima attività dell’insetto che si riproduce nei mesi più caldi in un periodo compreso tra maggio ed ottobre.
Il parassita presente nella saliva dell’insetto ematofago penetra nel sangue dell’ospite attraverso la sua puntura. Se nei cani il parassita è un invitato non voluto e pericoloso, per l’uomo è altrettanto difficile liberarsene, ed è possibile solo attraverso un lungo e complesso percorso terapeutico.
Ovviamente i soggetti più a rischio sono quelli immunodepressi: anziani, bambini, malati cronici. Per queste persone la vicinanza con animali infetti può, senza le dovute precauzioni, risultare estremamente rischiosa. Nel 96% dei casi comunque grazie ad una corretta terapia si arriva alla completa guarigione.
Come curarla
La Leishmaniosi canina è una patologia di difficile soluzione che nei nostri amici animali purtroppo ha percentuali ben più basse di guarigione.
Presenta un periodo di incubazione che va da un mese fino ai tre anni e colpisce in particolare gli animali con un’età compresa tra i 4 ed i 6 anni. L’infezione si presenta con i classici sintomi quali la perdita di vivacità del cane, un affaticamento marcato ed un rapido quanto eccessivo dimagrimento. Una sintomatologia meno frequente può presentare febbre, vomito, diarrea, fotofobia e addirittura cecità.
Le cure più efficaci si ottengono utilizzando sapientemente diversi tipi di farmaci, monitorando costantemente il soggetto e la risposta del suo organismo alle varie terapie. Tra i farmaci recentemente prodotti e utilizzati per curare la leishmaniosi va ricordato il miltefosine, che presenta il vantaggio, rispetto ai farmaci tradizionali, di poter essere assunto per via orale con risultati molto soddisfacenti.
Difendersi dal flagello della Leishmaniosi non è impossibile. Come profilassi i veterinari consigliano l’utilizzo di collari alla deltrametrina, una sostanza repellente che tiene lontano dai nostri cani, il pappataci. Diversi studi per la creazione di un vaccino sono attualmente in corso ma per ora la cosa migliore da fare è quella di effettuare regolari controlli veterinari ed utilizzare gli appositi collari contro gli insetti.
Un cane colpito da Leishmaniosi non ha solo bisogno di cure ma anche del nostro affetto. L’umanità dovrebbe renderci diversi e attraverso la sensibilità e l’amore verso gli animali dovremmo impegnarci nelle terapie, fino alla fine.