Alcune parole sono eredità non solo di una nazione linguistica, ma di tutta la popolazione mondiale, il patrimonio intangibile ed eterno che nobilita l’essenza profonda di ogni essere umano. Se possiamo guardare avanti, compiaciuti di ciò che siamo, lo dobbiamo anche a chi ha arricchito la specie regalandoci frasi che sono l’incarnazione della bellezza, come il famoso verso della poesia dantesca: “Amor ch’a nullo amato amar perdona“.
Non è stata solo la perfezione della forma a renderlo un verso immortale. È il concetto epico racchiuso in quelle poche parole, che fa di questa frase l’espressione di una legge dell’universo. La spiegazione è semplice. L’amore, la forza che sostiene e contiene le varie parti del mondo, non perdona, cioè non permette a colui che è amato, e il cui cuore sia aperto ed educato all’amore, di non riamare. Se si ama davvero qualcuno non si sbaglia mai, perché quell’amore, quell’energia dolcissima e intensa che il cuore innamorato riversa nel mondo, sarà ciò che rimarrà di noi.
Di sicuro, l’amore è la spezia che dona all’arte un sapore eterno, rendendo immortale ciò che tratta del sentimento in cui tutti ci riconosciamo. Essere innamorati è meraviglioso ed è la vibrazione che eccita le anime poetiche inducendole a creare parole, musica, pittura, video e ogni forma concepibile di arte. Ma l’amore ha bisogno di conferme, di essere corrisposto e ricambiato, per avere il nutrimento che gli consenta di sbocciare e di arrivare alla sua forma completa. Soffrire per un amore non corrisposto è un dolore aspro e mortale, di quelli che trasformano la vita in un’insopportabile prigione.
Ma ci sono miracoli che accadono, nella scienza e nella vita. Quando il confine tra empiria ed emozione si assottiglia, permettendo all’una di entrare nel campo dell’altra, la visione della realtà può mutare e permette alla scienza di perdere il connotato di freddezza e di regalarci una spiegazione in cui la parola razionalità sia sinonimo di sorpresa e meraviglia.
Quando la scienza conferma la poesia assistiamo ad un miracolo. È il momento, probabilmente, nel quale il Creatore trattiene il respiro, commosso dall’opera umana.
In questo caso, l’assunto di base da cui si parte è che l’amore vero, quello altruistico e che coinvolge tutto l’essere, sia in grado di suscitare amore anche nell’altro, perché il cuore nobile non può restare insensibile all’altrui sentimento.
La scoperta scientifica a cui ci si riferisce, che potrebbe confermare l’idea dantesca, è quella dei Neuroni specchio, fatta dal prof. Rizzolatti , neuroscienziato di fama mondiale, e studiata anche nelle sue valenze filosofiche, dal prof. Sinigaglia, ordinario di filosofia della scienza presso l’Università Statale di Milano.
Quando compiamo un’azione, nell’area motoria preposta del cervello si attivano alcuni neuroni. Ma, e in questo consiste la scoperta, quegli stessi neuroni si attivano anche quando guardiamo qualcuno compiere la medesima azione. I neuroni specchio, dunque, traducono l’azione altrui nel nostro cervello, consentendoci di comprendere istantaneamente ciò che fanno gli altri.
Cioè, se vediamo qualcuno che sta per afferrare una tazza, capiamo il gesto e lo riconosciamo, senza bisogno di ricorrere a un processo cognitivo complesso, perché questo gesto è neurologicamente programmato in noi. Il nostro cervello è dotato di questa capacità, perché ciò ci permette di intuire lo scopo dell’azione altrui prima che questa avvenga. E più siamo competenti di una cosa, più la comprendiamo. Se vediamo qualcuno suonare ma noi non lo sappiamo fare, avremo una fascinazione generica per i gesti che osserviamo. Ma se impariamo a suonare, allora ciò che ci strega e ci incanta non è più la posizione degli arti, ma il fatto che il corpo sia “in anticipo” rispetto allo spartito. Ciò che vediamo negli altri si produce in noi. È una comprensione dall’interno, come quando diciamo di essere “dentro” a qualcosa. Dunque, se vedendo una cosa siamo in grado di anticiparne il risultato, vuol dire che quella cosa ci appartiene e noi siamo pronti ad agire e interagire con l’altro.
La scoperta è stata estesa anche al campo delle emozioni. I ricercatori hanno appurato che i neuroni specchio sono presenti anche nell’Insula, un’area corticale che interviene negli stati emozionali. Se vediamo qualcuno che sente un odore disgustoso, siamo disgustati anche noi, se guardiamo una scena di un film che ci riguarda, proviamo sensazioni forti e possiamo arrivare a piangere. Così parliamo di “sorriso contagioso” e finiamo per assomigliare, nelle posture, a coloro che ci stanno accanto.
Estendendo il ragionamento, con una licenza poetica e sillogistica, potremmo postulare che più siamo esperti di emozioni e palpiti, più abbiamo la possibilità di riconoscere, capire e tradurre in noi il linguaggio dell’amore. Più sappiamo, parliamo e trattiamo d’amore, più il nostro cuore è educato a riconoscerlo. In questo, avevano perfettamente ragione gli stilnovisti. Più, allora, siamo in grado di provare amore e più lo possiamo trasmettere all’altro, che recepisce il nostro amore e, in qualche modo, lo sente dentro di sé.
Il passo successivo è quello che compete alla poesia. Sentire l’amore dell’altro da dentro, entrarci con l’anima, accende il cuore sensibile.
Certo, l’amore è un fenomeno complesso, che non è possibile ridurre a una semplice formula. Però, in questo caso, la scienza pare confermare quella legge invocata da Dante Alighieri, a dimostrazione che la verità è una, e tanti sono i modi, poi, per raccontarla. Che possono variare dalle più rigorose scoperte scientifiche alle parole vibranti di poesia ed emozione.
Fiammetta Scharf