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Speciale Tiroide – Tutto sulle malattie della Tiroide

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La tiroide è una ghiandola endocrina, cioè a secrezione interna, che si trova in prossimità della laringe e della trachea e che produce due tipi di ormoni: la triiodotironina T3 e la tiroxina T4, entrambe definite “iodotironine“, che regolano il metabolismo basale e attivano, con l’anabolismo, la formazione e la crescita delle componenti cellulari.

Il mantenimento di un adeguato livello di ormoni tiroidei nel sangue dipende sia da un corretto apporto di iodio con la dieta, sia dal buon funzionamento di un sistema di controllo rappresentato dall’ipofisi, una ghiandola posta al centro del cranio che produce il TSH (Tyroid Stimulating Hormone), e dall’ipotalamo, una piccola formazione posta al di sopra dell’ipofisi, che produce il TRH (Tyreotropine Realising Hormone).

Se l’equilibrio degli ormoni tiroidei si altera, significa che la tiroide non funziona bene.

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LE FUNZIONI DELLA TIROIDE

Gli ormoni tiroidei regolano numerosi processi metabolici e hanno influenza:

  • sul cervello e sulla crescita: nel feto contribuiscono allo sviluppo del sistema nervoso e alla crescita corporea. Una carenza nella produzione di ormone tiroideo provoca ritardo mentale e nanismo. Problema da non sottovalutare nelle aree dove lo iodio è carente;
  • sul metabolismo e sul tessuto adiposo: sono responsabili di circa un terzo del metabolismo a riposo; un loro aumento provoca un incremento del consumo di calorie a parità di lavoro eseguito. L’eccesso di ormoni stimola la lipolisi e quindi il dimagrimento; viceversa, la carenza di ormone tiroideo provoca un aumento del peso corporeo;
  • sul sistema cardiovascolare: aumentano la forza di contrazione e la frequenza cardiaca. L’eccesso di ormoni può quindi causare tachicardia e cardiopalmo, mentre la riduzione di ormoni è causa di bradicardia, che si ha quando il cuore batte con una frequenza inferiore a 60 battiti al minuto;
  • sull’apparato riproduttivo: un eccesso o una diminuzione di ormoni tiroidei può provocare infertilità e problemi sessuali sia nell’uomo sia nella donna. Quest’ultima può avere, ad esempio, irregolarità del ciclo, fino ad arrivare alla scomparsa delle mestruazioni. Oppure, chi soffre di ipotiroidismo può avere un incremento dei valori ematici di prolattina, l’ormone che durante la gestazione è deputato alla produzione del latte materno, ma che se in eccesso nella donna non gravida provoca amenorrea e nel maschio infertilità e problemi di erezione;
  • sul sistema respiratorio: gli ormoni tiroidei sono necessari perché il polmone possa rispondere in maniera efficace, in termini di variazioni della frequenza e dell’ampiezza dei movimenti respiratori, alle diverse esigenze (ad esempio in caso di carenza di ossigeno);
  • sul midollo osseo: stimolano la produzione di globuli rossi, l’ipotiroidismo, quindi, provoca anemia.

TUTTE LE MALATTIE DELLA TIROIDE E I SINTOMI

IPOTIROIDISMO

È una delle malattie endocrine più diffuse e che colpisce prevalentemente le donne, con una più alta frequenza nella menopausa e in post menopausa. Si tratta di una ridotta produzione di ormoni tiroidei oppure può dipendere dalla loro mancata utilizzazione. È stata chiamata “la malattia insospettabile”: questo appellativo dipende dal fatto che i sintomi sono riconducibili anche ad altre patologie.

IPERTIROIDISMO

Ovvero eccesso di ormoni tiroidei che provoca perdita di massa muscolare e dimagrimento, stanchezza, intolleranza al caldo, insonnia, nervosismo, ansia e agitazione, sudorazione eccessiva, tachicardia, tremore alle dita e diarrea. Può essere accompagnato da un aumento di volume della tiroide (gozzo) e da una protrusione caratteristica dei globi oculari.

Nell’area dell’ipertiroidismo, con cause autoimmuni (ovvero anticorpi che vengono rivolti contro normali costituenti dell’organismo) esiste il morbo di Basedow, che presenta sintomi simili.

Le tiroiditi si hanno in forma acuta (suppurative), subacuta (tiroidite di De Quervain), cronica (tiroidite di Riedel) e autoimmune (Tiroidite di Hashimoto).

Le tiroiditi suppurative sono rare, dovute ad infezioni della tiroide da parte di germi piogeni (produttori di pus) provenienti da focolai settici vicini o lontani alla ghiandola. La sintomatologia è caratterizzata da dolore nella regione anteriore del collo, dolore alla deglutizione, febbre e malessere generale. Dal punto di vista terapeutico si giova della terapia antibiotica mirata e del drenaggio chirurgico di eventuali raccolte purulente.

La tiroidite subacuta di De Quervain è una forma di probabile origine virale, spesso susseguente ad infezioni delle prime vie aeree. Colpisce di preferenza il sesso femminile dai 30 ai 50 anni. La distruzione del tessuto tiroideo provoca il passaggio di una certa quantità di ormoni tiroidei, contenuti nei follicoli, nel torrente ematico determinando un lieve quadro iniziale di ipertiroidismo (cardiopalmo, irritabilità, affaticamento). Anche qui il dolore è il sintomo più frequente, irradiato verso l’alto all’orecchio, alla mandibola ed alla nuca ed esacerbato dalla deglutizione. La tiroide risulta aumentata di dimensioni in toto o parzialmente.

La tiroidite di Riedel è molto rara e colpisce prevalentemente donne dai 40 ai 60 anni. La causa è sconosciuta anche se alcuni ritengono che sia una forma evolutiva della tiroidite di Hashimoto. Il tessuto tiroideo viene trasformato in tessuto fibroso che coinvolge anche le strutture adiacenti (trachea, esofago, nervi laringei inferiori), mentre i fenomeni infiammatori sono pressoché assenti. La sintomatologia è essenzialmente di tipo compressivo per l’aumento di volume della tiroide e spesso il quadro viene confuso con quello dei carcinomi indifferenziati, ma non sono presenti linfoadenopatie locoregionali.

La tiroidite di Hashimoto è la forma più frequente di tiroidite, colpisce per lo più il sesso femminile con un rapporto di 5 a 1 rispetto a quello maschile, in genere tra i 30 ed i 60 anni e ha una patogenesi autoimmune: esistono infatti degli anticorpi contro determinati antigeni tiroidei (tireoglobulina, tireoperossidasi, recettore per il TSH). La tiroide presenta un’intensa infiltrazione da parte di linfociti (un tipo di globuli bianchi), tale da meritarle il nome di “tiroidite cronica linfocitaria”. Questo processo autoimmune ha caratteristiche di familiarità in quanto si ritrovano anticorpi antitiroide in più del 50% dei familiari di pazienti affetti da questa malattia.

I TUMORI

Il carcinoma papillifero è il più frequente dei tumori della tiroide, costituendo circa il 90% dei tumori primitivi della tiroide e circa l’1% di tutte le neoplasie. La sua incidenza, nelle casistiche rilevate in corso di autopsie di pazienti deceduti per altre cause, arriva fino al 60%, e l’incidenza di carcinomi papilliferi occulti in pazienti operati per patologia benigna della tiroide può arrivare anche al 20%. Questo sta a significare che la presenza di un carcinoma papillifero spesso non influenza l’aspettativa di vita, legata a diversi altri fattori.

Il carcinoma follicolare, ha un’incidenza che varia dal 5% al 15% dei tumori tiroidei ed è più frequente dopo i 50 anni di età. Predilige il sesso femminile con rapporto che varia tra 2 e 5 ad 1 a seconda delle casistiche e metastatizza prevalentemente per via ematica ai polmoni ed alle ossa (prevalentemente quelle del cingolo scapolare, dello sterno, delle coste, delle vertebre, della teca cranica). Un fattore di rischio importante sembra essere la carenza di iodio nella dieta, essendo più frequente nelle area di endemia gozzigena (dove cioè è più frequente la patologia benigna della tiroide). Anche l’esposizione a radiazioni ionizzanti, specie durante l’adolescenza, è da considerare un fattore che aumenta il rischio di insorgenza.

Il carcinoma midollare viene considerato un tumore della tiroide, ma in realtà sarebbe più giusto dire che è un tumore “nella” tiroide. Deriva, infatti, dalle cellule C parafollicolari di derivazione embrionale diverse da quelle tiroidee. Queste cellule producono un ormone, la calcitonina, che è il marker specifico di questa neoplasia.

Il carcinoma indifferenziato è il tumore più aggressivo della tiroide. Predilige il sesso femminile con un rapporto di 3 a 1 e l’età avanzata (oltre i 60 anni). In un’alta percentuale di casi è presente una mutazione a carico del gene soppressore p53. La preesistenza di una patologia tiroidea benigna o maligna è considerato un fattore di rischio.

LE ANALISI

La funzionalità tiroidea si può valutare con esami di laboratorio che identificano il dosaggio degli ormoni TSH, FT4 e FT3. Anche in assenza di sintomi, queste analisi sono utili in tutte le donne che hanno compiuto 50 anni, nei neonati (per lo screening dell’ipotiroidismo congenito) e in condizioni di rischio, per esempio in caso di precedenti interventi chirurgici sulla tiroide o di malattie tiroidee in famiglia, in presenza di un gozzo o quando si assumono alcune medicine (per esempio litio o amiodarone). L’analisi si esegue inoltre come controllo di routine per valutare l’efficacia di una cura con ormoni tiroidei.

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