È stata soprannominata “boob tax“, “tassa sulla tetta“, la nuova iniziativa del governo Cameron per rimpinguare le casse reali dell’Inghilterra e far fronte alla crisi.
La proposta presentata dalla “HM Revenue & Customs” prevede, infatti, di tassare qualunque intervento di chirurgia meramente estetica, ovvero, non dovuto a ragioni mediche specifiche e accertate, con un’IVA del 20%.
Ciò significherebbe che il Governo potrebbe intascare oltre 500 milioni di sterline l’anno. Ma l’industria cosmetico-estetica e i suoi numerosi clienti alzano la voce per dissentire.
A partire dall’associazione dei chirurghi plastici britannica, la British Association of Aesthetic Plastic Surgeons (BAAPS), che per bocca del suo presidente Fazel Fatah ha già fatto sapere che la tassa,
“sulla quale la società scientifica non è stata interpellata, si rifletterà negativamente sui pazienti, perché implica che qualunque procedura eseguita per correggere l’aspetto fisico non sia una necessità medica. Purtroppo, non c’è stata alcuna discussione con gli organismi direttamente coinvolti prima di arrivare a questa proposta e ora non ci resta che sperare che venga trovato un terreno comune che bilanci l’ovvio bisogno di aumentare le tasse con la sicurezza dei pazienti, perché la chirurgia si occupa direttamente della vita delle persone. Possiamo solo sperare di trovare un terreno comune nel proteggere il benessere dei pazienti e l’ovvia necessità di aumentare le entrate pubbliche”.
Per gli esperti, quindi, non sarà semplice il problema individuare gli interventi mirati, come ad esempio quelli per correggere difetti estetici che espongono minorenni a disagio esistenziale, perché non basterà il solo fatto di avere più fiducia in se stesse dopo un lifting o una mastoplastica additiva per chiedere l’esenzione dall’IVA.
“Siamo tutti in subbuglio per questa proposta – ha commentato il chirurgo plastico Douglas McGeorge, ex presidente della BAAPS – che permetterà all’HMRC di raccogliere un sacco di soldi. Ma come si fa a tassare un’operazione come ad esempio la correzione delle orecchie a sventola fatta magari ad un ragazzino per evitare che venga preso in giro dai compagni e sviluppi così problemi psicologici? O ancora, quale livello di asimmetria o anormalità è richiesto per giustificare in termini medici un intervento al seno? In altre parole, qualunque giustificazione alle nostre decisioni in materia di IVA sarà impossibile, a meno che non venga violata la riservatezza del paziente”.
Anche i clienti hanno ovviamente da ridire, visto che la nuova tassa comporterebbe un notevole aumento dei prezzi, con un intervento di mastoplastica additiva, la più popolare fra quelli eseguiti in Gran Bretagna, che passerebbe da 5 a 6mila sterline.
Imogen Thomas, starlette d’oltremanica con un seno “artificiale” taglia XL, dice dalle pagine del DailyMail:
“Non mi piace l’idea che il governo pensi di pagare i debiti con i soldi della chirurgia cosmetica, penalizzando così le persone che vogliono essere più belle”. Ma l’HMRC si difende, sostenendo che esiste già una norma precedente al riguardo, contenuta in un documento del 2007 secondo cui “la chirurgia estetica può essere tassata con l’IVA, anche se ogni caso va discusso singolarmente”.
C’è poi chi, come la Sky News Kay Burley, sottoposta a un lifting a cinquant’anni, ritiene che la proposta possa essere un vero e proprio attacco a tutte le donne che si sentono incredibilmente vulnerabili in un dato momento della loro vita. La “boob tax”, insomma, è anti femminista.
Chissà cosa penserebbero gli italiani, costretti a tirare la cinta all’inverosimile e a fare degli aumenti di qualsiasi cosa il loro pane quotidiano, se una proposta del genere fosse presentata nel Bel Paese.
Forse, con tanta solidarietà per le nostre maggiorate e le tante starlette dell’ultimo minuto, potremmo farci un pensierino se servisse ad abbassare il prezzo di altre cose… O no?