L’atmosfera terrestre, a circa 10 km al di sopra della superficie della Terra, è popolata da tantissimi microrganismi, che potrebbero avere un ruolo determinante nella formazione delle nubi e sul clima. Ma anche nella trasmissione delle malattie. È quanto sostiene un innovativo studio pubblicato su Proceedings of National Academy of Sciences dal Georgia Institute of Technology, ad Atlanta.
I microrganismi sono stati documentati in campioni di aria prelevati nel quadro della programma GRIP (Genesis and Rapid Intensification Processes) della Nasa, che studia masse d’aria a bassa e ad alta quota associate a tempeste tropicali. Il campionamento è stato fatto da un aereo DC8, sia sulla terraferma che sul mare, inclusi Mar dei Caraibi e Oceano Atlantico. Il campionamento è stato effettuato prima, durante e dopo due grandi uragani tropicali, Earl e Karl, nel 2010, grazie a un sistema di filtraggio delle particelle.
“Non ci aspettavamo di trovare così tanti microrganismi nella troposfera, considerata un ambiente difficile per la vita. Sembra che ci sia piuttosto una diversità di specie, ma non tutti i batteri possono entrare nella troposfera superiore“, ha detto Kostas Konstantinidis, del Georgia Institute of Technology.
I filtri sono stati poi analizzati mediante tecniche genomiche inclusa la reazione a catena della polimerasi (PCR) e il sequenziamento genico, che ha permesso ai ricercatori di individuare i microrganismi e stimarne le quantità senza utilizzare le convenzionali tecniche di coltura cellulare. Quando le masse d’aria studiate avevano avuto origine dall’atmosfera al di sopra dell’oceano, il campionamento aveva trovato batteri per lo più marini. Le masse d’aria che invece provenivano dalla terra presentavano chiaramente più batteri terrestri.
Lo studio ha mostrato che le cellule batteriche vitali rappresentato, in media, circa il 20% delle particelle totali rilevate, nella gamma di dimensioni da 0,25 a 1 micron di diametro, mentre sono stati scoperti 17 diversi tipi di batteri, alcuni in grado di metabolizzare i composti del carbonio come l’acido ossalico, presenti ovunque nell’atmosfera.
Per i ricercatori, questi microrganismi potrebbero avere un impatto sulla formazione delle nubi, completandola o sostituendola. “In assenza di polvere o altri materiali che potrebbero fornire un buon nucleo di formazione di ghiaccio, avere un piccolo numero di questi microrganismi intorno potrebbe facilitare la formazione di ghiaccio a queste altezze e attirare l’umidità circostante“, conclude Athanasios Nenes, anche lui professore del Georgia Institute of Technology.
Roberta Ragni