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Lo yoga degli occhi

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Margaret Dars Corbett e il suo libro “Help Yourself to Better Sight” (1970) hanno reso noti al pubblico occidentale gli esercizi rieducativi della vista e degli occhi, praticati tramite lo yoga.

Aldous Huxley, autore inglese famoso per i suoi libri di fantascienza, nel suo “L’arte di vedere” (1942) li ha resi celebri parlando apertamente del cosiddetto metodo Bates, ai tempi discusso e ostacolato. Sono stati proprio il dott. Bates e la sua equipe ad applicare questi esercizi alla medicina ufficiale. La Corbett fu sua assistente e scrisse il libro proprio basandosi sulle sue esperienze. Quello praticato dall’oftalmologo americano è diventato un vero e proprio metodo naturale e alternativo all’uso di lenti e operazioni, e solo ora, dopo oltre 50 anni di ostracismo sta cominciando ad essere considerato tale.

Conosciuto in Italia solo dal 2002, anno in cui compare la traduzione del “La vista perfetta senza occhiali” del 1920, il suo sistema sta riscuotendo già un certo successo. Il libro racconta la storia di come Bates sia arrivato, attraverso una rigorosa sperimentazione scientifica, a scoprire e a spiegare in base ai dati di fatto raccolti, il vero meccanismo della visione e di come funzionano gli occhi.

L’applicazione pratica dei principi della sua scoperta ha portato a ciò che fu poi definito appunto “Metodo Bates” o, come viene chiamato oggi, “Sistema Bates™” (“Metodo Bates Originale”) per “la cura della vista imperfetta mediante trattamento senza occhiali”.

È stato dimostrato, in questi ultimi anni grazie a parecchie testimonianze fornite dai lettori di oggi, che la “guarigione temporanea” della vista in condizioni favorevoli risulta facile da ottenere, e che la “guarigione permanente” anche in condizioni sfavorevoli è solo questione di tempo e perseveranza nel continuare la pratica senza farsi scoraggiare. Già Huxley, colpito fin da giovane, da una grave diminuzione della vista, rieducò i suoi occhi così e, nel suo libro, volle appunto lasciare ai posteri quanto appreso nel corso di questa sua esperienza di autoguarigione.

Ma, anche se il discorso dello scrittore e in generale, ha un riferimento fattuale e fisiologico estremamente preciso, la sua portata va molto al di là. Per aiutare la natura a risanarci, osserva lo stesso Huxley, bisogna innanzitutto arginare l’invadenza dell’io cosciente, perché “quanto più c’è io tanto meno c’è Natura, cioè il funzionamento proprio e corretto dell’organismo”.

Nell’atto del vedere entra dunque in gioco tutto il rapporto fra la mente e l’organo che, per antonomasia, le è più vicino: gli occhi appunto. Così questo resoconto, che ci porta all’interno dei complessi meccanismi che compiono i nostri occhi in ogni momento e a ogni battito di ciglia, diventa un libro di esercizi per l’immaginazione, una guida sapiente a quella visione più profonda che, unica, ci permette di vedere in ogni possibile senso e che soprattutto, ci fa vedere noi stessi.

Ed è proprio questa la visione proposta dalla pratiche dello yoga in voga oggi. In molti centri infatti si pratica proprio questa filosofia che fa parte di una disciplina antichissima basata sulla “ricerca dell’armonia interiore ed esteriore e sull’espansione della coscienza”. Lo yoga degli occhi implica infatti un lavoro profondo e di accurata analisi del sé che ci porta ad avere un rapporto migliore con noi ma anche col mondo. Mediante l’esercizio fisico è infatti possibile raggiungere il controllo dei muscoli oculo-motori ciliari e un buon funzionamento del sistema nervoso, come si può leggere, ad esempio, su www.arteyoga.it/.

Il miglioramento dei difetti visivi non è che una conseguenza secondaria della pratica di questi esercizi che mirano a vincere timidezza ed eccessiva emotività, facendoci superare tendenze all’isolamento e alla depressione. Ad esempio si può fissare lo sguardo sulla punta del naso (nasaga drishti) o fissarlo tra le sopracciglia (bhrumadhya drishti) – o ancora far oscillare gli occhi, il tutto sempre con una regolare e ponderata respirazione.

Nessun esercizio applicato è pericoloso per la vista, ma bisogna comunque essere moderati e affidarsi alle mani, e, in questo caso più che mai, alla supervisione esperta dei maestri! Quindi non solo attenzione agli occhi in quanto organi sensoriali, ma anche e principalmente come specchio dell’anima: attraverso lo sguardo, non solo arriviamo al mondo, ma trasmettiamo al mondo noi stessi, il nostro stato interiore, la nostra pace o la nostra inquietudine.

Respiriamo profondamente quindi e agiamo, in primis, su noi stessi e, se abbiamo problemi di vista, perché no, potrebbe davvero essere il caso di dare un occhio, letteralmente, al sito del dott. Bates – www.sistemabates.it e di provare ad autoguarirci anche noi talpe da biblioteca che riusciamo giusto a fissare la punta del nostro naso perché oltre proprio non vediamo!

Valentina Nizardo

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