La tradizione contadina e montanara, soprattutto in alcune zone del nostro Paese, è ricca di rimedi naturali che si avvalgono dell’uso di prodotti erboristici.
Nel “Volumen Paramirum” Paracelso sosteneva che “Nel mondo c’è un ordine naturale di farmacie, poiché tutti i prati e i pascoli, tutte le montagne e colline sono farmacie”.
A chi non è capitato di curare un ematoma con l’arnica o un mal di pancia con la malva su suggerimento dei nonni? D’altronde, anche noi abbiamo tentato di dare consigli su come curarsi con le erbe.
Purtroppo, però, la situazione potrebbe cambiare a seguito di una controversa direttiva dell’Unione Europea. Secondo gli esperti di Bruxelles, infatti, da Aprile 2011, tutti coloro che intendono produrre e vendere erbe destinate alla prepararazione di rimedi naturali a scopo terapeutico dovranno trasformarsi in chimici e biologi e avere un vero e proprio laboratorio che riceva l’autorizzazione da parte del Ministero della Salute. Insomma, una piccola industria farmaceutica in campagna.
La polemica è esplosa proprio in questi giorni, in occasione del Festival de Tè che si tiene presso la Kurhaus di Merano, Bolzano. L’obiettivo del Festival è quello “di far conoscere le peculiarità, gli utilizzi gastronomici ed erboristici, le qualità nutrizionali e salutistiche delle erbe aromatiche e degli infusi frutto delle coltivazioni delle piante nei masi di montagna“, dice Gottfried Deghenghi, ideatore della manifestazione. Ma, con la nuova direttiva, le miscele di erbe dovranno essere ampiamente rivedute e corrette, cosa che preoccupa non poco chi le produce e le fornisce per essere messe in vendita.
“Bisogna prendere atto che avremo restrizioni e modifiche degli elenchi delle erbe che è possibile commercializzare — dice Heinrich Abraham, erborista e consulente presso il Centro sperimentale per l’agricoltura di Laimburg (Bolzano) — Già abbiamo tolto dalle liste predisposte dalla provincia alcune erbe quali l’iperico e l’arnica, ma ce ne saranno altre da eliminare come il luppolo, la verga d’oro, l’equiseto“. Finora i contadini non si sono mai curati di distinguere tra piante medicinali e alimentari e piante medicinali non alimentari. Da adesso, però saranno costretti a farlo perché verranno ammesse solo quelle esclusivamente alimentari.
Speriamo che tutto questo non si trasformi nell’ennesimo tentativo – più o meno consapevole – di cancellare la cultura contadina assestando un duro colpo a quelle che, da secoli, vengono definite le “farmacie del Signore”.
Silvia Pluchinotta