Il mondo accademico torna ad occuparsi della disciplina orientale del tai chi, donando nuovo lustro ad una pratica diffusa, ma di cui non si conosco ancora tutti i benefici. Il Tai Chi, infatti, non è solo un toccasana per la mente e per la forma fisica e la lista delle sue implicazioni positive sulla salute si allunga sempre di più.
Sapevamo già che può aiutare ad abbassare i livelli glicemici nei malati di diabete, in particolare quello di tipo 2, che può avere effetti molto positivi anche su coloro che soffrono di depressione, che è straordinariamente efficace per la prevenzione delle cadute delle persone anziane e che migliora la qualità della vita delle persone che soffrono di insufficienza cardiaca cronica.
E proprio del legame tra tai chi e benessere del cuore si è occupata una ricerca del Beth Israel Deaconess Medical Center di Boston che ha analizzato gli effetti del tai chi su pazienti con scompensi cardiaci.
100 pazienti, tutti con scompenso cardiaco, sono stati suddivisi in due gruppi: il primo è stato sottoposto a lezioni di tai-chi della durata di un’ora, due volte alla settimana per 3 mesi; l’altro gruppo ha seguito, invece, lezioni di educazione alla salute condotte sempre della durata di un’ora e ripetute due volte alla settimana per tre mesi.
Alla fine dell’esperimento gli scienziati hanno scoperto che coloro che avevano praticato il tai-chi avevano potuto giovare di un grosso miglioramento della qualità della vita, dell’umore e della fiducia nelle proprie capacità di svolgere esercizi o attività fisica in generale.
Innescando una reazione positiva, tutto ciò, si era tramutato in una maggiore propensione all’impegno e allo sforzo fisico, validi antidoti alla pigrizia, che può peggiorare le condizioni dei malati di scompensi cardiaci che necessitano, invece, di movimento, seppur controllato.
La responsabile della ricerca Gloria Yeh spiega, infatti, che “in passato i pazienti con scompenso sono sempre stati considerati troppo fragili per qualsiasi tipo di esercizio fisico: fino agli inizi degli anni ’90 la prescrizione di astenersi da qualsiasi attività era comune. In realtà oggi sappiamo che non è così e abbiamo deciso di mettere alla prova il tai-chi perché si tratta di un’attività “dolce”, un esercizio “meditativo” che non dovrebbe comportare sforzi eccessivi ma al contempo potrebbe essere vantaggioso per impedire la totale immobilità dei pazienti, che innesca un circolo vizioso peggiorando ulteriormente le capacità di movimento”.
Un’ulteriore conferma della validità della “ricetta” antica che i popoli antichi ci hanno tramandato. Se i latini dicevano “mens sana in corpore sano“, i cinesi erano altrettanto consci della necessità di agire sulla totalità della persona, nella sua armonica fusione di corpo e spirito, per raggiungere un benessere completo.
Roberta Ragni