Avete mai sentito parlare di Mindfulness? Questo termine in ambito psicologico significa essenzialmente “consapevolezza” dei propri pensieri, azioni e motivazioni e designa una pratica derivante dagli insegnamenti del Buddismo, dello Zen e dalle pratiche di meditazione Yoga.
La novità è che ora anche la medicina ufficiale ne ha riconosciuto gli immensi benefici psico-fisici: la “consapevolezza” del pensiero buddhista funziona ed è in grado di combattere lo stress.
Utile a risolvere, o prevenire, la sofferenza interiore e raggiungere un’accettazione di sé attraverso una maggiore consapevolezza della propria esperienza, che comprende sensazioni, percezioni, impulsi, emozioni, pensieri, parole, azioni e relazioni. La pratica della mindfulness è stata valutata, come spiega il Corriere della Sera, in una serie di ricerche scientifiche censite dal sito PubMed, l’archivio universale degli studi in campo biomedico.
A partire dal 1982, data del primo lavoro di Jon Kabat-Zinn dell’University of Massachusetts Medical School di Worcester sul trattamento del dolore, a oggi sono ben 700 le pubblicazioni sull’argomento. L’ultima è quella presentata sul giornale Brain, Behavior & Immunity, sempre a firma di Kabat-Zinn, che dimostra come la meditazione possa aiutare gli anziani a combattere la solitudine.
“La mindfulness – ha spiegato a Firenze, nel corso di un seminario teorico-pratico, Saki Santorelli, uno dei padri occidentali di questa disciplina e direttore del Center for Mindfulness all’University of Massachusetts Medical School – è la consapevolezza che nasce dal prestare attenzione al momento presente, intenzionalmente e senza giudicare. Consapevolezza non è sinonimo di rilassamento e non è nemmeno una filosofia: è un modo di essere che implica lo stare costantemente in relazione con se stessi e con il mondo e l’accettare quello che c’è, sia che si tratti di disagio, di sofferenza, di passione o di piacere”.
Insomma, dovremmo imparare a radicarci nel presente, accettando noi stessi, per ridurre sofferenza interiore e stress.
Ma come funziona esattamente?
L’origine dell’utilizzazione clinica della mindfulness risale alla fine degli anni ’70 quando Kabat-Zinn la utilizzò per la prima volta con dei pazienti affetti da problemi correlati allo stress, mettendo a punto un programma di 8 settimane in gran parte centrato sull’apprendimento della pratica meditativa. Il programma si chiamava (e si chiama tuttora) MBSR (Mindfulness Based Stress Reduction).
Ci sono una serie di lezioni pratiche di meditazione, che vanno dalle due ore e mezza alle 3 ore e mezza, una volta alla settimana, per 8 settimane e, in più, bisogna svolgere anche degli esercizi a casa, da praticare sei giorni su sette per almeno 45 minuti al giorno, oltre a un giorno di ritiro alla sesta settimana del programma.
“Tutto quello che si impara durante i corsi – dice ancora Santorelli – deve poi diventare un modo di essere nella vita di tutti i giorni. Ci vuole continuità nella consapevolezza”.
È così che ci si riappropria dell’esperienza diretta del mondo e di noi stessi.