“Ed anche oggi tra Facebook e Instagram non ho combinato… niente!” Una frase che sicuramente ha avuto modo di leggere, ed ahimè confermare, chi ha una frequentazione piuttosto abituale con il social network.
Se una volta c’erano i genitori che spegnevano la TV per costringere i bambini a fare i compiti, ora gli adulti stessi sono vittime della distrazione proveniente dai vari siti di intrattenimento e di instant messaging.
Cos’è che ci crea problema? È possibile che le varie applicazioni web abbiano una presa così forte su di noi, da renderci incapaci di portare a compimento il nostro lavoro? Sembra proprio di sì.
È una questione di attenzione e di concentrazione. Quanti di noi riescono oggi a dedicarsi ad una sola attività per volta? In ufficio parliamo al telefono con un amico continuando a lavorare al computer: poi apriamo la pagina di Facebook, perché il nostro interlocutore ci ha detto che ha appena inserito le foto dell’ultima gita fatta insieme. La conversazione si sposta sull’organizzazione del weekend e subito ci mettiamo alla ricerca di un locale dove trascorrere una bella serata. Nel frattempo c’è quella relazione che stavamo scrivendo trasformata ormai in una piccola icona, che chiede la nostra attenzione persa tra le numerose pagine web aperte. Desiderio di evasione, voglia di alleggerire la pressione del lavoro ci spingono nel vortice della comunicazione sul web: ma tanto riusciamo a tenere tutto perfettamente sotto controllo… o no?
Purtroppo no: questa verità scomoda viene confermata da uno studio compiuto a Stanford, presso un laboratorio dedicato alla comunicazione tra gli umani ed i media interattivi. La ricerca ha coinvolto 100 soggetti, suddivisi in due gruppi, i multifunzionali e i non multifunzionali: quelli cioè che vivono gestendo contemporaneamente contatti in chat, applicazioni web, impegni professionali, e coloro che sono fuori da questo flusso ininterrotto di informazioni.
Ai due gruppi sono stati mostrati in fasi successive due rettangoli rossi circondati da due, quattro e sei rettangoli blu. È stato chiesto loro di ignorare le figure di contorno e dire se i rettangoli rossi avessero cambiato posizione tra la prima e la seconda volta. Solo i non multifunzionali hanno risposto in maniera corretta, gli altri non erano stati in grado di trascurare i dati in quel momento inutili. Successivamente gli studiosi hanno presentato ai due gruppi sequenze di lettere e numeri ed i multifunzionali non sono stati in grado di ricordare se fossero stati numeri pari o dispari, vocali o consonanti. Il rischio di un’attenzione addestrata ad essere molto ampia, è quello di non saper diventare selettiva. Attraverso una risonanza magnetica i neurologi francesi Sylvain Charron e Etienne Koechlin hanno avuto modo di constatare che il nostro cervello è in grado di assicurare l’esecuzione contemporanea di due attività, perché queste vengono distribuite nei due lobi della corteccia cerebrale: ulteriori occupazioni, però, non possono esser svolte con efficienza per mancanza di aree preposte alla loro cura.
Un’ulteriore condanna della multifunzionalità viene da uno studio dell’Università della California, San Francisco, secondo il quale l’uso eccessivo dello smartphone priva la mente delle micro-fasi di riposo necessarie alla memoria e alla creatività. Una voce contro corrente, ma forse non del tutto imparziale, è quella di Pietro Scott Jovane di Microsoft Italia, il quale afferma «Se davvero fosse così, i risultati scolastici dei giovani d’oggi dovrebbero essere peggiori che nelle generazioni precedenti. E non mi risulta». In conclusione cosa fare? La saggezza dei latini ci viene in aiuto “in media stat virtus“: se è vero che non è possibile ignorare le necessità della vita quotidiana staccando tutto e rifugiandosi in un’isoletta sperduta del Pacifico, possiamo provare a recuperare almeno il piacere di una chiacchierata a telefono senza chattare contemporaneamente al pc, magari mettendoci davanti ad un camino acceso, o con lo sguardo rivolto verso un bel panorama. Idealismo? No, desiderio di assaporare le cose belle, gustandole una per una, lentamente.
Francesca Di Giorgio